lunedì 24 settembre 2012

LOTTA DI GIACOBBE (Preghiera biblica martedi)


Giacobbe aveva sottratto al suo gemello Esaù la primogenitura in cambio di un piatto di lenticchie e aveva poi carpito con l’inganno la benedizione del padre Isacco, ormai molto anziano, approfittando della sua cecità. Sfuggito all’ira di Esaù, si era rifugiato presso un parente, Labano; si era sposato, si era arricchito e ora stava tornando nella terra natale, pronto ad affrontare il fratello dopo aver messo in opera alcuni prudenti accorgimenti. Ma quando è tutto pronto per questo incontro,  Giacobbe, viene aggredito improvvisamente da uno sconosciuto con il quale lotta per tutta una notte. Proprio questo combattimento diventa per lui una singolare esperienza di Dio.


Don Claudio Doglio Conosciamo la Bibbia (Vimeo)

L’episodio si svolge nell’oscurità ed è difficile percepire non solo l’identità dell’assalitore di Giacobbe, ma anche quale sia l’andamento della lotta. Leggendo il brano, risulta difficoltoso stabilire chi dei due contendenti riesca ad avere la meglio; i verbi utilizzati sono spesso senza soggetto esplicito, e le azioni si svolgono in modo quasi contraddittorio, così che quando si pensa che sia uno dei due a prevalere, l’azione successiva subito smentisce e presenta l’altro come vincitore. All’inizio, infatti, Giacobbe sembra essere il più forte, e l’avversario – dice il testo – «non riusciva a vincerlo» (v. 26); eppure colpisce Giacobbe all’articolazione del femore, provocandone la slogatura. Si dovrebbe allora pensare che Giacobbe debba soccombere, ma invece è l’altro a chiedergli di lasciarlo andare; e il Patriarca rifiuta, ponendo una condizione: «Non ti lascerò, se non mi avrai benedetto» (v. 27). Colui che con l’inganno aveva defraudato il fratello della benedizione del primogenito, ora la pretende dallo sconosciuto, di cui forse comincia a intravedere i connotati divini, ma senza poterlo ancora veramente riconoscere.

Il rivale, che sembra trattenuto e dunque sconfitto da Giacobbe, invece di piegarsi alla richiesta del Patriarca, gli chiede il nome: “Come ti chiami?”. E il Patriarca risponde: “Giacobbe” (v. 28). Qui la lotta subisce una svolta importante. Conoscere il nome di qualcuno, infatti, implica una sorta di potere sulla persona, perché il nome, nella mentalità biblica, contiene la realtà più profonda dell’individuo, ne svela il segreto e il destino. Conoscere il nome vuol dire allora conoscere la verità dell’altro e questo consente di poterlo dominare. Quando dunque, alla richiesta dello sconosciuto, Giacobbe rivela il proprio nome, si sta mettendo nelle mani del suo oppositore, è una forma di resa, di consegna totale di sé all’altro.
Ma in questo gesto di arrendersi anche Giacobbe paradossalmente risulta vincitore, perché riceve un nome nuovo, insieme al riconoscimento di vittoria da parte dell’avversario, che gli dice: «Non ti chiamerai più Giacobbe, ma Israele, perché hai combattuto con Dio e con gli uomini e hai vinto» (v. 29). “Giacobbe” era un nome che richiamava l’origine problematica del Patriarca; in ebraico, infatti, ricorda il termine “calcagno”, e rimanda il lettore al momento della nascita di Giacobbe, quando, uscendo dal grembo materno, teneva con la mano il calcagno del fratello gemello (cfr Gen 25,26), quasi prefigurando lo scavalcamento ai danni del fratello che avrebbe consumato in età adulta; ma il nome Giacobbe richiama anche il verbo “ingannare, soppiantare”. Ebbene, ora, nella lotta, il Patriarca rivela al suo oppositore, in un gesto di consegna e di resa, la propria realtà di ingannatore, di soppiantatore; ma l’altro, che è Dio, trasforma questa realtà negativa in positiva: Giacobbe l’ingannatore diventa Israele, gli viene dato un nome nuovo che segna una nuova identità. Ma anche qui, il racconto mantiene la sua voluta duplicità, perché il significato più probabile del nome Israele è “Dio è forte, Dio vince”.

Dunque Giacobbe ha prevalso, ha vinto - è l’avversario stesso ad affermarlo - ma la sua nuova identità, ricevuta dallo stesso avversario, afferma e testimonia la vittoria di Dio. E quando Giacobbe chiederà a sua volta il nome al suo contendente, questi rifiuterà di dirlo, ma si rivelerà in un gesto inequivocabile, donando la benedizione. Quella benedizione che il Patriarca aveva chiesto all’inizio della lotta gli viene ora concessa. E non è la benedizione ghermita con inganno, ma quella gratuitamente donata da Dio, che Giacobbe può ricevere perché ormai solo, senza protezione, senza astuzie e raggiri, si consegna inerme, accetta di arrendersi e confessa la verità su se stesso. Così, al termine della lotta, ricevuta la benedizione, il Patriarca può finalmente riconoscere l’altro, il Dio della benedizione: «Davvero – disse – ho visto Dio faccia a faccia, eppure la mia vita è rimasta salva» (v. 31), e può ora attraversare il guado, portatore di un nome nuovo ma “vinto” da Dio e segnato per sempre, zoppicante per la ferita ricevuta.

La notte di Giacobbe al guado dello Yabboq diventa così per il credente un punto di riferimento per capire la relazione con Dio che nella preghiera trova la sua massima espressione. La preghiera richiede fiducia, vicinanza, quasi in un corpo a corpo simbolico non con un Dio nemico, avversario, ma con un Signore benedicente che rimane sempre misterioso, che appare irraggiungibile. Per questo l’autore sacro utilizza il simbolo della lotta, che implica forza d’animo, perseveranza, tenacia nel raggiungere ciò che si desidera. E se l’oggetto del desiderio è il rapporto con Dio, la sua benedizione e il suo amore, allora la lotta non potrà che culminare nel dono di se stessi a Dio, nel riconoscere la propria debolezza, che vince proprio quando giunge a consegnarsi nelle mani misericordiose di Dio.
 E ancora di più: Giacobbe, che riceve un nome nuovo, diventa Israele, dà un nome nuovo anche al luogo in cui ha lottato con Dio, lo ha pregato; lo rinomina Penuel, che significa “Volto di Dio”. Con questo nome riconosce quel luogo colmo della presenza del Signore, rende sacra quella terra imprimendovi quasi la memoria di quel misterioso incontro con Dio. Colui che si lascia benedire da Dio, si abbandona a Lui, si lascia trasformare da Lui, rende benedetto il mondo. (Benedetto XVI)

COMMENTO AI SALMI DI LODI (mercoledi 2)

Mercoledi. Seconda settimana

Salmo 76


In un periodo di grande sofferenza, il salmista prega perché si ripetano anche al suo tempo i grandi eventi di salvezza che Dio aveva compiuto nel passato a favore del suo popolo. Si esclude che Dio possa aver abbandonato la sua fedeltà. 
La Chiesa, in questo lungo periodo d’esilio, chiede a Dio che si realizzi in pienezza il Regno iniziato da Gesù nei prodigi della sua Pasqua e della discesa dello Spirito Santo, e di saper riconoscere le tracce del passaggio di Dio in ogni evento.

Al maestro del coro. Su «Iedutùn». Di Asaf. Salmo. La mia voce verso Dio: io grido aiuto! La mia voce verso Dio, perché mi ascolti. Nel giorno della mia angoscia io cerco il Signore, nella notte le mie mani sono tese e non si stancano; l’anima mia rifiuta di calmarsi. Mi ricordo di Dio e gemo, medito e viene meno il mio spirito. Tu trattieni dal sonno i miei occhi, sono turbato e incapace di parlare.
Ripenso ai giorni passati, ricordo gli anni lontani. Un canto nella notte mi ritorna nel cuore: medito e il mio spirito si va interrogando. Forse il Signore ci respingerà per sempre, non sarà mai più benevolo con noi? È forse cessato per sempre il suo amore, è finita la sua promessa per sempre? Può Dio aver dimenticato la pietà, aver chiuso nell’ira la sua misericordia? E ho detto: «Questo è il mio tormento: è mutata la destra dell’Altissimo». Ricordo i prodigi del Signore, sì, ricordo le tue meraviglie di un tempo. Vado considerando le tue opere, medito tutte le tue prodezze.
O Dio, santa è la tua via; quale dio è grande come il nostro Dio? Tu sei il Dio che opera meraviglie, manifesti la tua forza fra i popoli. Hai riscattato il tuo popolo con il tuo braccio, i figli di Giacobbe e di Giuseppe. Ti videro le acque, o Dio, ti videro le acque e ne furono sconvolte; sussultarono anche gli abissi. Le nubi rovesciavano acqua, scoppiava il tuono nel cielo; le tue saette guizzavano. Il boato dei tuoi tuoni nel turbine, le tue folgori rischiaravano il mondo; tremava e si scuoteva la terra. Sul mare la tua via, i tuoi sentieri sulle grandi acque, ma le tue orme non furono riconosciute. Guidasti come un gregge il tuo popolo per mano di Mosè e di Aronne.

La mia voce sale… perché mi ascolti può essere tradotta: pertanto mi ascolterà. La preghiera ha sempre un esito positivo.
Nel giorno dell’angoscia… Descrizione della sofferenza interiore della quale il salmista accentua la responsabilità divina (Tu trattieni dal sonno i miei occhi). L’evento accaduto (l’esilio?) non è una fatalità inesorabile; ha una causa precisa ed allora può anche essere modificato.
Ripenso ai [bei] giorni passati… Il salmista, impedito dalla tristezza ad esprimere una preghiera personale, ripete i canti appresi a memoria che parlano delle grandi opere di Dio.
Forse il Signore ci respingerà… Si formula l’ipotesi più estrema che un credente dell’antica alleanza possa congetturare, ossia che Dio faccia prevalere l’ira rispetto alla misericordia. In questo caso Dio non rimarrebbe più fedele a se stesso, non sarebbe più Dio. L’ipotesi, di per sé assurda, viene formulata proprio per essere respinta. Dio non può respingere Israele: i suoi doni e la sua chiamata sono irrevocabili!
E ho detto: Questo è il mio tormento… La frase potrebbe essere tradotta: è allo scopo di farmi soffrire questo mutare della destra dell’Altissimo (perché mi penta). L’esilio non è una casualità tragica né una manifestazione di rigetto da parte di Dio. È un avvenimento che nasconde un senso che bisogna scoprire, per vivere in una nuova prospettiva.
O Dio santa è la tua via… Inno alla grandezza di Dio, dimostrata vivamente nell’uscita dall’Egitto. Ciò nonostante anche allora le sue vie rimasero non conosciute (lo’ nodau). Si tratta di un’allusione alla grandezza di Dio che passa, che è presente ma rimane invisibile perché più grande di ogni sua opera;  oppure è una critica rivolta ai fedeli incapaci di riconoscere anche negli avvenimenti più evidenti la presenza di Dio? Preferisco la seconda ipotesi. Il salmo si rivolge a chi dubita dell’agire di Dio. In ogni avvenimento dobbiamo ricercare le tracce del suo passaggio (ikkevotè).

Rilettura cristiana

Con la mia voce ho gridato al Signore, con la mia voce [ho supplicato] Dio, ed egli mi ha prestato attenzione. Dice, con la mia voce, ossia con tutto me stesso, tramite la voce dell'uomo interiore. Ho gridato al Signore con la piena attenzione della mia mente; la mia voce giunse presso il Signore, fu ascoltata da lui. Lo attesta in altri passi: «Giunga il mio grido davanti a te ed entri nelle tue orecchie» (Sal 17,7). Il Signore mi ha prestato attenzione. Che cosa significa prestare attenzione se non che mi ha esaudito? Chi vuole essere esaudito, preghi in questa maniera.
Nel giorno della mia angoscia, ho cercato il Signore con le mie mani. Dichiara: nel giorno della mia angoscia ho cercato Signore, il quale è un aiuto nei momenti particolari, nelle tribolazioni.
Durante la notte sono rimasto davanti a lui e non sono rimasto deluso. Non rimangono delusi gli uomini che cercano il Signore lungo la notte, ossia che lo cercano nella sofferenza, perché il Signore è vicino a coloro che hanno il cuore addolorato (cf Sal 33,19). «Molte sono le sventure del giusto ma da tutte lo libera il Signore» (Sal 33,20).
Non ho voluto consolare la mia anima. Mettere mi trovavo nella sofferenza, ho incontrato molti consolatori ma la mia anima non ha voluto accogliere questo tipo di consolazione. Anche il beato Giobbe dice agli amici che lo confortavano: «Siete consolatori gravosi» (Gb 12,2). Allo stesso modo: «Rachele piange i suoi figli e non vuole essere consolata perché non ci sono più» (Mt 2,18). Questa consolazione era soltanto un conforto carnale e per questo motivo quest'uomo santo non voleva accoglierla. Mi sono ricordato di Dio e mi sono rallegrato. Dichiara, mi sono ricordato di Dio che ha annientato se stesso assumendo la condizione di servo (cf Fil 2,7) e che sopportò molte sofferenze per tutti noi uomini. Allora mi sono rallegrato nelle mie sofferenze. «Le sofferenze del tempo presente non sono paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi» (Rm 8,18).
Fui messo alla prova e il mio spirito quasi venne meno. Anche l'apostolo ha fatto un'esperienza simile: «Non voglio che ignoriate, fratelli, la tribolazione che ci è capitata in Asia, perché siamo stati provati sopra ogni misura, al di sopra della nostra forza, al punto che eravamo stanchi di questa vita» (1 Cor 1,8). Il suo spirito venne meno perché era stanco rimanere in questo mondo. Allo stesso modo i santi martiri nel corso della loro lotta si esercitavano in molti modi e mentre il loro spirito veniva meno, desideravano abbandonare questa vita.
I miei occhi sono rimasti a vegliare. Non c'è da meravigliarsi se il giusto che viveva questa prova non poteva dormire, tanto più che il Signore dice: «Vegliate perché non conoscete né il giorno né l'ora» (Mt 25,13). Rimaneva sveglio e preferiva morire piuttosto che prolungare questa vita perché le sofferenze che sopportava erano più dure della morte. Per questo continua con questa espressione:
Sono rimasto turbato e non ho potuto parlare. Era impossibile che non rimanesse turbato colui che era circondato da sofferenze così numerose e così gravi. Questo fatto tuttavia mostra la sua grandezza: non si lamentò e sopportò con pazienza ogni dolore, seguendo l'esempio del nostro Salvatore, il quale «come un agnello fu condotto al macello e non aprì la sua bocca» (Is 53,7).
Pensai ai giorni antichi e ricordai gli anni eterni. Ho pensato ai tempi del passato e ho trovato che tutti coloro che vogliono vivere piamente in Cristo, necessariamente subiscono la persecuzione (cf 2 Tm 3,12) da parte dei malvagi e di uomini simili a loro. Accade questo ad Abele, ad Abramo, a Mosé a Davide e a molti altri santi.
Ricordai gli anni eterni. Ho riflettuto e ho visto che la gloria dei santi dura in eterno e che la punizione dei malvagi non cesserà mai. Tutti i giusti devono pensare in questo modo e consolarsi in questa maniera mentre si trovano nella sofferenza. Per questo prosegue nel discorso:
Durante la notte ho meditato nel mio cuore, mi sono esercitato e arieggiavo il mio spirito. Pensavo a queste cose nel corso della notte, riflettevo su questo nel mio cuore, mi esercitavo a lungo, riflettevo ripetutamente e il mio spirito si arieggiava in questa nobile riflessione. In modo molto appropriato ha detto che arieggiava il suo spirito perché, dal momento che si era riscaldato a causa della sua indignazione, attraverso questa meditazione, così consolante, gli dava refrigerio.
Ho pensato: forse Dio ci respingerà per sempre? E non continuerà più a compiacersi? Per sempre troncherà la sua misericordia? Dimenticherà Dio di avere pietà o tratterà nella sua ira le sue compassioni? Ecco l'uomo giusto che non ha voluto accogliere le consolazioni di altri, ora conforta se stesso e formulando questi interrogativi si conferma in quelle verità che sembra voler negare. È come se dicesse: gli stolti credono che Dio ci abbia rifiutati e che, essendosi adirato oltre misura, non vorrà più avere misericordia di noi. Non è questa la verità. Ben presto si mostrerà benevolo Colui che ora sembra implacabile. Non troncherà per sempre la sua misericordia, da questo momento fino alla futura generazione, come pensano costoro. Perciò così dichiara:
Ho detto: ora inizio. Che cosa significa questo inizio? Ora ho imparato e ho capito che mai Dio abbandona i suoi santi. Già nel passato si è saputo, così sembra dire, le cose che il Signore intendeva compiere nel futuro. Ciò corrisponde alle parole che pronuncia ora: questo è il cambiamento della destra dell'altissimo. Quale? Mi sono ricordato delle opere del Signore e mi sono ricordato di ciò che ha compiuto fin dall'inizio. Ho riflettuto su tutte le sue azioni e mi esercitavo facendo questa meditazione. La destra dell'altissimo rimane sempre se stessa. Dio agisce sempre in vista dello stesso scopo. Egli vuole cambiare l'uomo per ricondurlo dalla situazione iniziale a quella culminante e dalla condizione perfetta lo riporta come era all'origine è in questo modo si ricorda e ripete le sue opere meravigliose. Pensando a questi cambiamenti e riflettendo su questi fatti, i santi meditano sui premi riservati ai giusti e alla punizione dei malvagi. Mentre agiscono in questo modo, Dio li conforta in modo valido. Osserva come egli unisca il passato con il futuro. Mi sono ricordato dice e mi ricorderò. Bisogna sempre ricordare le opere mirabili di Dio, bisogna meditarle sempre; dobbiamo sempre esercitarci nel compiere la sua legge e le sue prescrizioni.
O Dio nella Santità è la tua via: quale Dio è grande come il nostro Dio? Tu sei il Dio che compie meraviglie. Ora comincia a raccontare le azioni mirabili di Dio come aveva promesso di fare quando diceva: mi ricorderò delle tue opere mirabili fin dall'inizio. Ogni via di Dio è nella santità perché egli non può uscire dalla sua santità. Parlando della sua Santità possiamo pensare allo stesso Figlio di Dio il quale ha affermato riguardo a se stesso: «Io sono la via, la verità, e la vita» (Gv 14,6). In lui troviamo la Via di Dio perché «per mezzo di lui tutto è stato fatto e senza di lui non è stato fatto nulla» (Gv 1,3).
Quale Dio è grande come il nostro Dio? Tutti gli dei nelle nazioni sono demoni ma il Signore ha creato i cieli. Soltanto lui può fare cose grandi, qualsiasi cosa compiano altri, se almeno sono buone le cose che fanno; nessuno agisce per se stesso ma per mezzo di lui.
Hai fatto conoscere alle nazioni la tua potenza. Di quale atto di potenza sta parlando? Hai liberato il tuo popolo con il tuo braccio, i figli di Israele e di Giuseppe. Si tratta di quella potenza con la quale il Signore ha liberato il suo popolo dalla schiavitù in Egitto. Questo fatto venne fatto conoscere a tutti i popoli e a tutte le nazioni perché era un'opera gloriosa e da ricordare per sempre. Ma non si deve lodare di meno l'altra opera che ha compiuto con il suo braccio, cioè per mezzo del Figlio suo, quando il Signore ha liberato tutta l'umanità dalla schiavitù del demonio. Quest'opera era prefigurata in quella e l'una e l'altra furono compiute con lo stesso braccio. L'espressione, figli di Israele e figli di Giuseppe, ne richiama una simile che troviamo nel Vangelo: «Andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro» (Mc 16,7). Infatti Pietro era uno dei discepoli come Giuseppe era uno dei figli di Israele. Sappiamo il motivo per il quale Pietro è stato chiamato con questo nome. Che cosa dobbiamo passare a proposito del nome Giuseppe? Tutti gli altri fratelli sono stati liberati a motivo della grazia di Dio mentre Giuseppe è stato liberato a motivo dei suoi meriti? Israele e Giuseppe sono due personaggi prefigurativi che alludono ai cristiani: costoro vedono e conoscono l'unico Dio e crescono nella fede e nella bontà del cuore. Israele significa infatti colui che vede Dio; Giuseppe significa aumento o crescita.
Ti videro le acque o Dio, ti videro le acque e temettero, furono turbati gli abissi. Questo versetto può essere inteso in senso letterale: i figli di Israele attraversarono il mare Rosso a piedi asciutti, mentre le acque si ritiravano; questo fatto da è ricordare tra i miracoli più grandi e gloriosi compiuti da Dio. Secondo il significato spirituale le molte acque indicano una moltitudine di nazioni poiché dopo che il Signore ha liberato suo popolo con il suo braccio, [molti popoli] si convertirono passando dall'infedeltà alla fede, credettero in lui, lo videro ed ebbero timore.
Furono turbati gli abissi. Gli abissi rappresentano gli uomini più potenti di questo mondo: nel mondo essi rappresentano quello che sono gli abissi in mezzo al mare. Perciò l'apostolo insegna: «Osservate, fratelli, la vostra vocazione, non ci sono tra voi molti potenti, non ci sono molti nobili, non ci sono molti sapienti ma Dio ha scelto ciò che il mondo considera stoltezza, per confondere la sapienza e ciò che è debolezza per distruggere chi è convinto di valere» (1 Cor 1, 26). Costoro rimasero turbati e con grande furore aggredirono i santi. Una schiera infinita di uomini iniqui e una moltitudine tumultuosa li hanno perseguitati. Sono menzionati dalla frase successiva: un forte suono di acque. C'è da meravigliarsi se dallo scuotimento di una massa di acqua esce come un boato? C'è da meravigliarsi se dalla crudeltà  di un popolo insipiente e privo di senno, costituito da ricchi e da potenti, si è levato un grido minaccioso contro i santi? Non furono i capi e i sacerdoti a fomentare quella moltitudine la quale, contro il Salvatore, gridò con una sola voce: crocifiggilo? In questo modo dal sommovimento dell'abisso esce il rumore di molte acque. Gli apostoli e i maestri tuttavia non rimasero in silenzio e non smisero di predicare il Cristo. Per questo afferma:
Le nubi emisero la loro voce, le tue frecce scoccarono, si udì una voce di tuono nel turbine. Le voci emesse dalle nubi sono più forti e più temibili delle voci delle acque; e le saette, che escono dalle nuvole, provocano un grande timore e terrore; soprattutto se il rumore di un grande tuono esce fuori da un turbine. La predicazione degli apostoli non avvenne in una sola parte del mondo ma si diffuse ovunque. Le nuvole rappresentano gli apostoli e i maestri che con la loro  irrigano e fecondano tutta la Chiesa. Le saette significano le loro sentenze con le quali mettono in fuga l'esercito dei vizi e degli spiriti di iniquità.
Apparvero i tuoi lampi nel mondo e la terra tremò. Questi lampi, che escono dalle nubi e dai tuoni, rappresentano i segni e i miracoli che gli apostoli compivano ovunque. La terra vide e si turbò, perché gli infedeli e gli increduli si convertirono alla fede soprattutto a motivo dei segni e dei miracoli. Il Vangelo parla in questo modo degli apostoli: «Partiti di là, predicarono ovunque mentre il Signore cooperava con loro e confermava la loro parola con i segni seguenti» (Mc 16,20).
Sul mare la tua via e i tuoi sentieri su acque molte ma le tue orme non vennero riconosciute. Questo discorso può riferirsi al Salvatore nostro secondo il senso letterale: Egli camminò sulla superficie del mare a piedi asciutti, là dove non si possono trovare orme umane. Dal punto di vista dell'interpretazione spirituale, il mare simboleggia il mondo come viene detto spesso in alcuni salmi. Le molte acque rappresentano la moltitudine dei popoli, come ho richiamato spesso. Il Signore costruì  una strada sul mare e tracciò sentieri sulla superficie delle acque dal momento che convertì questo mondo alla fede e cammina invisibilmente in esso e non smette di visitare ovunque le sue chiese. Lo aveva già detto ai suoi discepoli: «Ecco io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Le sue orme non sono riconosciute, sia perché egli agisce in modo invisibile oppure perché sono ben pochi coloro che lo imitano, a paragone dei malvagi. Il Signore stesso ha detto parlando dello spirito Santo che invisibile anch'esso: «Lo spirito soffia dove vuole, tu ne senti la voce ma non sai da dove venga e dove vada» (Gv 3,8). Da questo discorso si comprende che le sue orme rimangono invisibili.
Si può interpretare questo versetto anche il modo letterale, applicandolo ai figli di Israele; non è sbagliato farlo. Infatti essi ottennero una strada e un sentiero nel Mar Rosso e nel fiume Giordano, come racconta la storia sacra. Il salmista infatti termina in questa maniera:
Hai guidato il tuo popolo come un gregge per mano di Mosè e di Aronne. Mosè e Aronne prefigurano i vescovi e i sacerdoti che reggono e guidano il popolo cristiano (che è il vero popolo di Dio) e lo fanno entrare, avviandolo nel giusto cammino, verso la terra dei viventi, simboleggiata dalla terra promessa. (Bruno di Segni)


Altri suggerimenti:

Dice: Con la mia voce ho gridato al Signore. Molti gridano al Signore per acquistare ricchezze, per evitare sciagure, per la salute dei parenti, per la stabilità del loro casato, per la felicità temporale, per gli onori del secolo; molti infine gridano al Signore per la salute del corpo, che è il patrimonio del povero. Per queste e per altre cose dello stesso genere molti gridano ai Signore; solo di rado qualcuno grida al Signore per il Signore stesso. È facile all'uomo desiderare una qualunque cosa dal Signore e non desiderare il Signore stesso. Come se il dono potesse essere più dolce di colui che dona! Ebbene, chiunque grida al Signore per una qualsiasi cosa che non sia lui, non è ancora uno che passa oltre. Ma costui era uno che amava gratuitamente Dio, che aveva oltrepassato tutto quanto gli stava al di sotto. La mia voce, dice infatti, si rivolse a Dio. Forse inutilmente? Osserva quanto segue: E mi guardò. Allora davvero ti guarda, quando tu cerchi lui, non quando per suo mezzo cerchi un'altra cosa.
Dio si dimenticherà di usare compassione? In te e da te non c'è nessuna misericordia verso gli altri, se non è Dio che te la dona; e lo stesso Dio dimenticherà la misericordia? Scorre il fiume; si prosciugherà la sorgente? O tratterrà nella sua ira le sue misericordie? Cioè: tanto si adirerà, da non aver più misericordia? È più facile che egli trattenga l'ira che non la misericordia. Ce lo ha già detto per bocca di Isaia: Non mi vendicherò in eterno contro di voi e neppure in ogni tempo mi adirerò con voi. Appena il salmista si rende conto di questo, va oltre se stesso e in Dio trova la sua gioia. Ivi si arresta, ed esalta con più foga le opere del Signore. Non si compiace di se stesso, né di ciò che è, ma in colui che lo ha fatto. Oltrepassa ciò che è terreno e lo trascende. Guardate come va oltre. Osservate se si ferma in qualche posto finché non sia giunto a Dio.
Dio, nel santo è la tua via. Guarda ormai le opere della misericordia di Dio verso di noi, e di queste parla e pieno d'entusiasmo esulta. Di qui ha dapprima cominciato: Nel santo è la tua via. Quale è la tua via nel santo? Dice il Signore: Io sono la via, la verità e la vita. Tornate dunque indietro, o uomini, dagli affetti del vostro cuore. Dove andate? Dove correte? Dove volete fuggire, lontani non soltanto da Dio ma anche da voi? Tornate, prevaricatori, al vostro cuore, guardate le opere della sua misericordia: Nel santo la via di lui. A lui dunque volgiamo lo sguardo: Cristo guardiamo! Ivi è la sua via. Dio, nel santo la tua via.
Tu sei il Dio che fa meraviglie da solo. Tu sei un dio veramente grande, che fa miracoli nel corpo e nell'anima, e che li compie da solo. Hanno udito i sordi, hanno visto i ciechi, sono stati guariti gli ammalati, sono risorti i morti, sono state consolidate le membra dei paralitici. Sono questi i miracoli che avvenivano allora e riguardavano i corpi. Vediamo i miracoli che avvengono nell'anima. Sono sobrii quelli che poco prima erano ubriaconi; sono cristiani coloro che poco prima adoravano gli idoli; donano le loro ricchezze ai poveri coloro che prima rubavano. Quale dio è grande come il nostro? Tu sei il Dio che fa meraviglie da solo. Ne ha fatte anche Mosè, ma noi! da solo; ne ha fatte anche Elia, ne ha fatte anche Eliseo, ne hanno fatte anche gli Apostoli, ma nessuno di loro ha fatto meraviglie da solo. Perché essi le facessero, tu eri con loro;
Quale sua potenza ha fatto conoscere tra i popoli? Noi poi annunziamo Cristo crocifisso; scandalo per i giudei e stoltezza per i gentili; ma per quelli che sono chiamati, giudei e greci, Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio. Se dunque Cristo è la potenza di Dio, Dio ha fatto conoscere ai popoli Cristo. Tardiamo ancora a riconoscerlo?
Hai guidato, come pecore, il tuo popolo e non ti hanno conosciuto. Tante cose buone hai fatto nei loro riguardi! Hai diviso il mare; li hai fatti passare sulla terra asciutta in mezzo alle acque; hai coperto con le onde i nemici che li perseguitavano; nel deserto hai fatto piovere la manna sugli affamati, guidandoli per mezzo di Mosè e di Aronne; eppure essi ti hanno scacciato da sé, e, mentre a te si è aperta una via nel mare, essi non hanno conosciuto le tue orme (Agostino). 



Salmo 96


Quando verrà la manifestazione definitiva di Dio, i fedeli esulteranno perché saranno liberati dalle mani dei malvagi. Le divinità appariranno un nulla e i loro cultori dovranno vergognarsi. La Chiesa anticipa nel canto l’affermarsi definitivo del regno di Dio, già apparso nella luce della risurrezione di Cristo.

Il Signore regna: esulti la terra, gioiscano le isole tutte. Nubi e tenebre lo avvolgono, giustizia e diritto sostengono il suo trono. Un fuoco cammina davanti a lui e brucia tutt’intorno i suoi nemici. Le sue folgori rischiarano il mondo: vede e trema la terra. I monti fondono come cera davanti al Signore, davanti al Signore di tutta la terra. Annunciano i cieli la sua giustizia, e tutti i popoli vedono la sua gloria.
Si vergognino tutti gli adoratori di statue e chi si vanta del nulla degli idoli. A lui si prostrino tutti gli dèi! Ascolti Sion e ne gioisca, esultino i villaggi di Giuda a causa dei tuoi giudizi, Signore. Perché tu, Signore, sei l’Altissimo su tutta la terra, eccelso su tutti gli dèi. Odiate il male, voi che amate il Signore: egli custodisce la vita dei suoi fedeli, li libererà dalle mani dei malvagi. Una luce è spuntata per il giusto, una gioia per i retti di cuore. Gioite, giusti, nel Signore, della sua santità celebrate il ricordo.

Il Signore regna… Il salmista pensa all’affermarsi definitivo di Dio e questo provoca una grande esultanza. La storia non corre verso il nulla ed ogni ingiustizia verrà rivendicata..
Nubi e tenebre… Dio è un mistero santo, ma non ci si deve aspettare alcun arbitrio perché agisce sempre con rettitudine. Egli agisce in modo discreto, sena imporsi.
Un fuoco cammina davanti a lui… Il salmista si ispira ad un’eruzione vulcanica, come al Sinai. Tutti riconoscono il fenomeno e rimangono sorpresi. La manifestazione di Dio sarà manifesta e nessun potere potrà opporsi alla realizzazione del suo regno di amore. L’amore di Dio è efficace.
Si vergognino tutti gli adoratori di statue… La manifestazione di Dio provoca vergogna e gioia. I fedeli esultano per i giudizi, ossia per le azioni salvifiche con le quali il Signore governa il mondo.
Gioia per i retti… La certezza che Dio regnerà e cesserà il dominio del male provoca una gioia profonda.

Rilettura cristiana

Il Signore regna, esulti la terra, si rallegrino le isole tutte. Esulti la terra, si rallegri la Chiesa, gioiscano le isole tutte, che rappresentano le singole Chiese. Queste, sebbene siano divise in vari luoghi, sono tuttavia una cosa sola nella fede e nell'amore e formano un'unica Chiesa. Perché devono rallegrarsi? Perché il Signore regna, poiché gli è stato restituito il suo regno e la sua terra. Godano perché hanno un buon comandante, mentre prima avevano sofferto molto perché oppresse sotto la dura schiavitù del diavolo. Sembra dire, nella sua prima venuta non fu riconosciuto, perché apparve in umiltà e nelle sembianze di un servo e in quel tempo non volle manifestare la sua maestà.
Nubi e tenebre all'intorno. Chiama nube e tenebra la carne, con la quale la divinità si coprì, così da non poter essere contemplata nel suo splendore. «Se lo avessero conosciuto, non avrebbero, come dice l'apostolo, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria» (1 Cor 2,8). Quando il Signore verrà nella sua maestà, allora questa nube non sarà più tenebrosa, ma apparirà con tanto splendore, al punto che con il suo splendore verrà oscurato il sole e la luna diminuirà la sua luminosità. Il suo trono è un trono di correzione, di giustizia e di giudizio. Lo esprime ora nel seguito.
Attorno a lui la giustizia, giudizio e correzione sono il suo trono. Tutto il mondo verrà giudicato e punito da questa sede di giudizio. In che modo? Non aver paura: non in modo ingiusto ma con giustizia e diritto.
I suoi fulmini illuminarono il mondo, la terra vide e si scosse. Ora, dalla prima venuta, della quale aveva cominciato a parlare all'inizio del salmo, passa a raccontare, andando in ordine, gli eventi che accadranno allora. Egli nascose la potenza della sua divinità ma le sue folgori, ossia gli apostoli e i dottori, diffusero la sua luce e brillarono in modo manifesto davanti a tutti. Queste folgori, insieme agli splendidi portenti miracolosi, fecero scuotere tutta la terra. In un altro passo leggiamo: “La terra vide e si scosse” Alcuni lo fecero in modo positivo, altri in modo negativo. Il Signore stesso parla di tale scuotimento: “Non crediate che io sia venuto per portare pace sulla terra, non venni a portare la pace ma la spada. Sono venuto a mettere il figlio contro il padre e la figlia contro la madre. La nuora contro la suocera e i nemici di una persona saranno gli stessi familiari” (Mt 10,34). 

COMMENTO AI SALMI DI LODI (martedi 2)


Martedi. Seconda settimana


Salmo 42

Il salmista chiede d'essere condotto al tempio, ossia alla comunione con Dio, guidato dalla luce e dalla verità di Dio stesso, per trovare aiuto presso di lui, in una situazione di oppressione. 
La Chiesa, sorretta dalla verità del Verbo e dalla luce dello Spirito, chiede a Dio Padre d'incontrarlo e d'essere soccorsa nelle difficoltà nell'annuncio della Parola. 

Fammi giustizia, o Dio, difendi la mia causa contro gente spietata; liberami dall’uomo perfido e perverso.  Tu sei il Dio della mia difesa: perché mi respingi? Perché triste me ne vado, oppresso dal nemico? Manda la tua luce e la tua verità: siano esse a guidarmi, mi conducano alla tua santa montagna, alla tua dimora. Verrò all’altare di Dio, a Dio, mia gioiosa esultanza. A te canterò sulla cetra, Dio, Dio mio. Perché ti rattristi, anima mia, perché ti agiti in me? Spera in Dio: ancora potrò lodarlo, lui, salvezza del mio volto e mio Dio. 

Il salmo costituisce l'ultima parte del salmo 41 (cf lodi lunedi 2), nella quale l'orante si apre alla speranza e al futuro che Dio gli sta predisponendo. Egli non appare più piegato su se stesso nel ricordo nostalgico del passato (come si mostrava nelle strofe precedenti) ma, pur continuando a vivere nella sofferenza, si mostra fiducioso del futuro. 
Fammi giustizia... Si rivolge al tribunale di Dio, come farà Gesù nel corso della sua passione, perchè Dio rimane sempre una difesa per l'oppresso. 
Manda la tua verità e la tua luce... Si tratta di due prerogative di Dio. Il credente per poter giungere fino a Dio ed incontrarlo ha bisogno dell'aiuto che viene da Dio stesso, qui raffigurato in due qualità divine personificate. 
Spera in Dio... L'attenzione si volge al futuro che Dio predisporrà. La speranza (oppure la fiducia, l'attesa) è la caratteristica essenziale del credente, grandemente apprezzata nella Bibbia (cf. Sal 32, 18). 


Rilettura cristiana di Bruno di Segni

Giudicami o Dio e discerni la mia causa. Ascoltiamo la preghiera di un fedele che invoca l’aiuto di Dio. Giudicami o Dio,  egli chiede e poi precisa la sua implorazione: e discerni la mia causa. Chiede il giudizio soltanto perché si esamini bene la relazione che c’è tra lui e il suo nemico. Sa che non ha mai fatto nulla contro di lui, così da provocare le sofferenze che l’altro gli ha inflitto. Nella speranza di ottenere giustizia, chiede che venga esaminata la sua causa. Anche al presente avviene spesso qualcosa di simile; fedeli cattolici subiscono pesanti ingiustizie da altri che si considerano cristiani, al punto da essere indotti ad invocare l’aiuto di Dio contro i loro avversari, e mentre avrebbero dovuto pregare per loro, sono costretti a invocare il soccorso contro di loro. Gesù insegna piuttosto: «Pregate per quelli che vi perseguitano» (Mt 3,44). Il salmista continua: 
tra gente per nulla santa, liberami dall’uomo malvagio e disonesto. Quest’uomo non prega contro di noi, ma sembra piuttosto invocare a suo favore; se viene soltanto liberato, ciò sembra bastargli, anche se non ottiene una vendetta contro gli oppositori. Perché tu se, o Dio, la mia fortezza. Sii tu a liberarmi, tu che sei l’unico Dio e la sola mia forza; non possiedo altre armi, non posso contare su un altro aiuto; se mi abbandoni, nessuno verrà ad aiutarmi. Circa la frase: perché mi hai abbandonato? Come se avesse detto: non ti ho abbandonato, aggiunge quest’altro discorso: Perché me ne vado triste, mentre l’avversario mi opprime? I santi si sentono abbandonati e temono di aver perduto la grazia, poiché non mostrarono una pazienza perfetta nelle sofferenze e, provando amarezza, desiderano essere vendicati. Per questo aggiunge:
Manda la luce della tua verità: essa mi accompagnerà e mi condurrà fino al tuo monte santo e nella tua tenda. Manda la luce della tua verità perché non mi accada ancora [ciò che ho vissuto], cioè che non desideri più vendicarmi dei miei nemici e non mi senta più abbattuto nell’ascoltare gli insulti degli avversari. Non aveva conservata la pazienza come avrebbe dovuto fare, e teme di offuscare la luce della verità. Luce e verità sono talmente unite tra esse, che non possono stare l’una senza l’altra. Chi vede bene, non sbaglia, mentre chi sbaglia non ha visto bene. Manda la luce della tua verità, ossia illumina gli occhi della mente e rafforzami con tutto me stesso nella tua verità, affinché non compia mai ciò che ti dispiace. Mi accompagnerà e mi condurrà fino al tuo monte santo e nella tua tenda. Che cos’è questo monte santo di Dio? Che cos’è questa tenda? Raffigurano la Chiesa, una nella fede, molteplice per la sua diffusione in vari luoghi. In quest’unica Chiesa oppure in queste sue ramificazioni siamo entrati grazie alla luce della verità; gli uomini che ancora non fanno parte della Chiesa, continuano a rimanere nella tenebra dell’errore e ancora non sono stati illuminati dalla luce della verità. 
Salirò all’altare di Dio, al Dio che rallegra la mia giovinezza. Accompagnato dalla luce della verità grazie alla quale [un tempo] sono entrato nella Chiesa, sostenuto ancora e guidato da essa, salirò fino all’altare di Dio, al Dio che rallegra la mia giovinezza. Questo altare si trova nel cielo, questo altare è il corpo umano del nostro Salvatore. Il termine altare deriva da altezza. Il corpo di Cristo, infatti, è posto in nel luogo più elevato, al di sopra di ogni creatura. Per questo è denominato altare. Ha precisato con esattezza: al Dio che rallegra la mia giovinezza perché tutti gli uomini nel risorgere saranno giovani. L’Apostolo dichiara: «Tutti andremmo incontro a Dio come uomini che hanno raggiunto la perfezione, secondo la misura dell’età della pienezza di Cristo» (Ef 4,13). Cristo quando risorse dai morti era giovane. 
Ti loderò con la cetra, Dio, Dio mio. Nel frattempo, finché non avrò raggiunto l’altare, ti celebrerò e ti loderò in questa tua Chiesa e sul tuo monte santo. In che modo? Suonando la cetra ed emettendo soavi armonie, ossia diffondendo il Vangelo che placa gli insani e mette in fuga i demoni. La cetra calmò la mente di Saul dalle sue esplosioni d’ira. Grazie a questo suono, il salmista ritorna in se stesso e al suo discernimento, rimprovera a lungo la sua anima per essersi rattristata, avvilita e turbata per la difficoltà incontrata nella vita. Pronuncia proprio queste parole: Perché sei così triste e turbata, anima mia? Non hai motivo d’essere così dal momento che attendi nel cielo dei beni ricchissimi. Spera in Dio perché di nuovo dovrai lodarlo, egli è la salvezza del tuo volto e il mio Dio


Salmo 64

Ringraziamento per i doni della terra, ricevuti da Dio nel corso dell'anno. Prima del lavoro umano viene sempre infatti il dono gratuito di Dio. La Chiesa ringrazia il Signore di essere stata assista dalla sua bontà, perdonata, arricchita di doni terreni e celesti. 

Al maestro del coro. Salmo. Di Davide. Canto. 

Per te il silenzio è lode, o Dio, in Sion, a te si sciolgono i voti. A te, che ascolti la preghiera, viene ogni mortale. Pesano su di noi le nostre colpe, ma tu perdoni i nostri delitti. Beato chi hai scelto perché ti stia vicino: abiterà nei tuoi atri. Ci sazieremo dei beni della tua casa, delle cose sacre del tuo tempio. Con i prodigi della tua giustizia, tu ci rispondi, o Dio, nostra salvezza, fiducia degli estremi confini della terra e dei mari più lontani. 
Tu rendi saldi i monti con la tua forza, cinto di potenza. Tu plachi il fragore del mare, il fragore dei suoi flutti, il tumulto dei popoli. Gli abitanti degli estremi confini sono presi da timore davanti ai tuoi segni: tu fai gridare di gioia  le soglie dell’oriente e dell’occidente. 
Tu visiti la terra e la disseti, la ricolmi di ricchezze. Il fiume di Dio è gonfio di acque; tu prepari il frumento per gli uomini. Così prepari la terra: ne irrighi i solchi, ne spiani le zolle, la bagni con le piogge e benedici i suoi germogli. Coroni l’anno con i tuoi benefici, i tuoi solchi stillano abbondanza. Stillano i pascoli del deserto e le colline si cingono di esultanza. I prati si coprono di greggi, le valli si ammantano di messi: gridano e cantano di gioia! 

Per te il silenzio è lode... La grandezza di Dio supera qualsiasi possibilità d'espressione. Il linguaggio si tramuta in stupore ammirato che fa ammutolire. Il voto è la promessa di offrire un sacrificio. 
A te viene ogni mortale... La mortalità è l'espressione tipica della povertà umana la quale si manifesta ancora di più nella peccaminosità. L'uomo è carne mortale che pecca. Dio mostra la sua misericordia nell'accordare il perdono e nel prestare aiuto a chi di per sé non lo merita. Continua, poi, ad attuare i prodigi della sua giustizia, il termine biblico che indica la sua fedeltà. 
Tu rendi saldi i monti... Omaggio al Dio creatore. Creare è mettere ordine al caos che si manifesta negli eventi scomposti della natura e nella storia, nelle relazioni violente degli uomini tra loro. 
Tu visiti la terra... Dio disseta e feconda la terra con la pioggia, ossia con un'acqua che proviene dal suo fiume (ossia dalle acque superiori sopra il firmamento, vicine al trono di Dio). 
Così prepari la terra... La sapienza divina sa come trattare il terreno. I frutti dell'annata sono visti come una corona preziosa o una veste variopinta. 


Rilettura cristiana

A te si addice la lode, o Dio, in Sion, a te si sciolga il voto in Gerusalemme. Due popoli parlano della loro liberazione, uno da Babilonia e l'altro dal dominio del demonio. Per tutto il tempo in cui rimasi prigioniero, - così sembra dichiarare quel popolo - non ebbi la possibilità di lodarti poiché ero amareggiato dalla durezza della schiavitù e non mi sembrava conveniente cantare il canto del Signore in una terra straniera. Ora, invece, dal momento che abbiamo ottenuto la liberazione, dobbiamo con grande forza cantare le tue lodi e i tuoi inni. Ora che siamo ritornati in patria, dobbiamo con grande forza farli risuonare in Sion e dobbiamo sciogliere, in Gerusalemme, i voti che abbiamo stretto con te durante la prigionia. Possono esprimere le medesime dichiarazioni coloro che sono stati liberati mediante la penitenza e si sono riconciliati con Dio mediante i sacramenti della Chiesa. 
Ascolta la mia preghiera: a te viene ogni carne. Ascolta la mia preghiera affinché tutto il mondo, purificato, ritorni a te. Io riconosco di essermi macchiato in molte maniere e di aver dimorato per lungo tempo tra uomini iniqui, tra vizi e peccati. Sono certo e sono sicuro che ogni carne verrà presso di te. Questo messaggio è identico a quello che il Signore ha pronunciato per bocca del profeta: «Io vivo, dice il Signore, e a me si curverà ogni ginocchio e mi confesserà ogni lingua» (Is 45, 23). Anche l'apostolo dichiara: «Tutti, buoni e cattivi, staremo davanti al tribunale di Cristo (Rm 14, 10).
Le parole di iniquità hanno prevalso su di noi ma tu perdonerà tutte le nostre empietà. Ha bisogno di purificarsi a lungo e di ottenere molta misericordia poiché le parole di iniquità hanno prevalso su di lui e lo hanno macchiato. Tuttavia conserva una buona speranza: il Signore avrà misericordia di lui.
Beato chi ha scelto e  chiamato vicino a te, abiterà nei tuoi atrii. «Molti sono i chiamati, pochi gli eletti» (Mt 14, 2). È beato quell'uomo che il Signore ha scelto nella sua misericordia e che ha preso da una vasta moltitudine di uomini: costui, senza alcun dubbio, non potrà perire e riceverà i beni che gli sono stati riservati. Abiterà in quelle tende delle quali il Signore ha detto: «Nella casa di mio padre ci sono molte dimore» (Gv 14,2).
Ci sazieremo dei beni della tua casa; Santo è il tuo tempio, mirabile nell'equità. Ancora prima che noi possiamo giungere alle tue tende,  - alle quali speriamo un giorno di poter accedere -  già da ora vengono riempiti di beni della tua casa, che raffigura la santa Chiesa. Chi potrebbe enumerare tutti i beni che si trovano nella Chiesa di Dio, in qualità e quantità, con i quali ogni giorno i fedeli sono saziati e riempiti? Qui possiamo trovare i libri dell'uno e dell'altro testamento; qui troviamo gli altri libri che i santi padri hanno scritto per noi; qui troviamo le ricchezze e le delizie indicibili del Corpo e del Sangue di Cristo. Sono questi i beni dei quali si sta parlando in questo versetto: ci sazieremo dei beni della tua casa. Riguardo a questa casa, aggiunge poi questa precisazione: Santo è il tuo tempio, mirabile nella equità. Non soltanto quelle tende sublimi sono sante, quelle che non possono essere confrontate con nessun altra. Ma anche questo tempio di Dio, che si trova sulla terra, è santo e degno di venerazione. Mirabile nella equità. Osserva: viene celebrata l'equità della chiesa, ma sono pochi i credenti che meritano di ricevere questa lode. Riguardo alla chiesa si dice che non ha macchia né ruga (Ef 5, 27), ma se volessimo applicare questo elogio a tutti, cadremo nel non senso.
Ascoltaci, Dio, nostra salvezza, speranza dei confini della terra e dei mari lontani. Ascoltaci, Dio nostra salvezza, poiché siamo stati salvati e redenti nel tuo sangue. Tutti i confini della terra, - tutti questi corrispondono alla Chiesa cattolica - sperano in te per essere liberati da ogni male. Chi sono quelli che abitano nei mari lontani: sono ad esempio gli scozzesi e i britannici gli altri abitanti delle isole.
Tu prepari i monti con la tua forza, cinto di potenza.  Tu sconvolgi il fondo del mare,  il suono delle sue onde, chi sarà capace di sopportarlo? Ascoltaci tu, o Signore, che stabilisci i monti nella tua potenza. Essi raffigurano gli apostoli e i maestri i quali, per la loro eloquenza e per la loro fede, sono più elevati di tutti gli altri credenti. Il Signore li ha preparati per mandarli a lottare e a predicare, per convincere gli eretici, per governare e reggere il tuo popolo. Il Signore è cinto di potenza, di una forza di grande qualità e intensità, al punto che nessuno può porre una valida resistenza contro di essa. In un altro versetto leggiamo: «Cingi la spada al tuo fianco» (Sal 44,4). Riguardo a questa spada, leggiamo: «Ci sono spade a due tagli nelle loro mani» (Sal 149, 6). Anche l'apostolo insegna: «La parola di Dio è viva ed efficace, più tagliente di 1 spada a doppio taglio» (Eb 4,12). Chi si è armato di questa spada, si è veramente cinto di potenza. Il signore sconvolge il fondo del mare, come ha detto di fare per bocca di Isaia: «Io sono il Signore che sconvolge il mare e che fa sollevare i suoi flutti» (Is 51,15). È ovvio che il mare rappresenta questo mondo. Si parla di esso anche in un altro versetto: «Ecco il mare vasto spazio, li si trovano rettili senza numero» (Sal 103,25). In quale modo il Signore ha creato scompiglio in questo mare? Ascoltiamolo mentre dice: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra e il mio grande desiderio è che esso s'accenda» (Lc 12,49). «Non sono venuto a portare la pace ma la spada» (Mt 10,34). «In una casa dove ci saranno cinque persone, si divideranno due contro tre o tre contro due» ( Lc 12,52). Il Signore sconvolge il fondo del mare anche quando separa i buoni dai cattivi e  fa sollevare gli uni contro altri. Mentre alcuni combattono per la giustizia altri lottano fino alla morte a favore dell'ingiustizia. Il suono dei suoi flutti, chi sarà capace di sopportarlo? Questo mare solleva ondate buone e ondate cattive. I flutti buoni sono gli uomini buoni e i flutti cattivi sono gli uomini cattivi. Rumoreggiano questi e quelli spesso provocano un rumore tanto grande che nessuno di loro lo può sopportare, né questi né quelli. Gli uomini buoni non vogliono sopportare le parole insensate vite di male neppure gli uomini malvagi riescono ad accogliere e a sopportare le parole salutari delle persone buone. Tuttavia accade spesso che gli uomini che accettano di ascoltare le parole dei santi, si convertono al vedere i segni e i miracoli che compiono. Perciò aggiunge:
Saranno coinvolte le genti e gli abitanti dei confini del mondo avranno timore per i tuoi segni. Dopo aver visto i prodigi compiuti dagli apostoli santi, proprio quegli uomini che in in primo momento avevano deriso la loro predicazione, all'improvviso rimasero turbati e caddero in ammirazione. Cominciarono a temere Cristo nel cui nome vedevano verificarsi miracoli tanto meravigliosi e stupendi.[...]
Ha visitato la terra e l'hai inebriata, l'hai arricchita con abbondanza. Il profeta si meraviglia vedendo la conversione improvvisa di tanti popoli e di una massa di persone che, muovendosi da ogni parte, confluisce verso la chiesa. Vedendo questo fatto, pensa giustamente che la terra sia è stata visitata da Dio. Troviamo un messaggio analogo: «Benedetto il Signore Dio d'Israele e ha visitato e redento il suo popolo» (Lc 1,68). Dio ha inebriato la terra con la ricchezza della sua casa e l'ha irrigata con il torrente delle sue delizie, nelle quali vediamo raffigurate le grazie dello spirito Santo. Inebriata da esse, la Chiesa parla tutte le lingue, spiega tutte le Scritture e, dal momento che abbandona tutti i beni della terra, viene considerata dagli uomini stolti non soltanto ebbra ma anche totalmente insana. Invece è una ebbrezza positiva quella capace di convertire gli uomini. Che cosa significa hai moltiplicato di arricchirla, se non l'ha arricchita in molte maniere? In molti modi, con la sapienza e la scienza, con la fortezza e la pietà, con le virtù e l'onestà, con la gloria e con l'onore e con tutte le altre qualità che possono essere desiderate da una persona retta.
Il fiume di Dio è colmo di acqua, hai preparato il loro cibo: questa è la tua preparazione. Quest'acqua e questo cibo e ogni altro alimento. Il Signore ha preparato questo cibo per i suoi santi e senza questo alimento non potrebbero predisporsi ad affrontare una fatica tanto grande.
Inebria i suoi solchi, moltiplica i suoi frutti. Gioirà per i suoi stillicidi mentre sta germogliando. Questo fiume d'acqua ha degli emissari attraverso i quali può scorrere e fluire sempre. Costoro sono i vescovi e sacerdoti che amministrano a tutti i credenti i beni necessari e li riversano in loro, come fossero dei torrenti. Alcuni ricevono molto, altri meno a seconda della loro capacità. Diciamo dunque: Tu, Signore hai preparato quest'acqua e un cibo per loro, colmando i loro ruscelli, moltiplicando le loro generazioni. Non avresti fatto tutto questo, se non avessi ricolmato i loro ruscelli e non avessi moltiplicato le loro nascite. Se non trovasse lungo i ruscelli, dove andremmo a cercare quest'acqua? Dal momento però che questi ruscelli sono colmi, chi la cerca, la può trovare pronta. Il Signore moltiplica le generazioni di quest'acqua, poiché sono molti, sono innumerevoli, quelli che ogni giorno rinascono in essa e non c'é nessuno dei membri della Chiesa che non venga computato tra i suoi figli. Ricco o povero, chiunque sia nella Chiesa, è suo figlio. «Chi non è rinato dall'acqua e dallo Spirito Santo, non entrerà nel regno di Dio»(Gv 3,5).  Quest'acqua purifica l'esterno ma anche l'interno dell'uomo ma la prima si può vedere mentre l'altra rimane invisibile. Subito, non appena quest'acqua  esce e si dirama da quel fiume, si rallegra nei suoi stillicidi. Prima aveva parlato di ruscelli ed ora parla di stillicidi. Si può pensare che gli stillicidi rappresentino i fedeli che sono più impreparati e hanno meno meriti. Qualsiasi fedele nel quale viene a fluire l'acqua dello Spirito Santo, subito, non appena questo accade, esulta nella letizia dello spirito. 
Benedirai per il coronamento della tua benevolenza. I tuoi campi saranno ricolmi di abbondanza. Ora, alle promesse fatte in precedenza, aggiunge anche quest'altre. è come se dicesse: Tu colmando i ruscelli, moltiplicando le nascite, porti a compimento quelle opere delle quali abbiamo parlato sopra. L'anno della benevolenza di Dio ha preso inizio dal momento in cui il nostro Salvatore è venuto in questo mondo. Riguardo a tale anno il Signore dice: «Lo Spirito del Signore è sopra di me, per questo mi ha consacrato con l'unzione, mi ha mandato per evangelizzare i poveri, per predicare ai prigionieri la grazia, la vista ai ciechi e per proclamare l'anno gradito a Dio (Lc 4, 18)». L'apostolo, a sua volta, proclama a suo riguardo: «Ecco ora il tempo favorevole, ecco ora il tempo della salvezza» (1 Cor 6,2). Tale anno viene sempre coronato perché ogni giorno i fedeli combattono contro i vizi e contro gli spiriti del male, li vincono e vengono premiati. «Nessuno viene coronato, se non avrà combattuto secondo le regole» (2 Tm 2,5). Tutti gli anni, fino a quest'ultimo, furono sotto la maledizione, ma quest'anno e il coronamento di questo anno ha meritato di ricevere la benedizione di Cristo. Si osservi come in questo versetto il Signore dichiari di benedire non l'intero anno ma il suo coronamento. Comprendiamo così che possiamo ricevere la benedizione soltanto grazie a questi lottatori e a questi vincitori. 
I tuoi campi si riempiono di ricchezza. I campi di Dio sono le singole chiese dell'uno e dell'altro testamento le quali sono ripiene di ogni abbondanza di tutte le virtù per la fecondità e la ricchezza dello spirito Santo. La terra intera, maledetta già nel primo uomo, era  sterile, ma nel nostro Salvatore ha ricevuto la benedizione e la fecondità.
Pingui saranno i confini del deserto e i colli si cingeranno di esultanza. Pensiamo che i confini del deserto rappresentino gli uomini che sono vicini al deserto ma che non sono nel deserto, poiché, se trattano con loro, non imitano tuttavia i cattivi. Essi diventano pingui di quel grasso del quale in un altro salmo viene detto: «Di grasso e di pinguedine sarà piena l'anima mia» (Sal 62, 6). I confini che presentano questa ricchezza, sono ricchi per la moltiplicazione di opere buone. I colli si cingeranno di esultanza: vediamo raffigurati in loro coloro che nella Chiesa appaiono superiori per la pietà, per la virtù e la santità. Questi sono cinti di esultanza poiché possiedono delle ottime spade e con quelle possano uccidere i loro nemici. Beati coloro che sono cinti di queste spade e che sono pronti alla lotta armati in questo modo. [...]
Abbondano di frumento le valli. Chi rappresentano queste valli?  I credenti umili, miti, semplici, mansueti e tutta l'assemblea dei fedeli. Ricevendo da altri il seme della parola di Dio, ossia dai ministri della Chiesa, dai vescovi e sacerdoti, producono per il Signore con abbondanza il frutto delle buone opere, della lode e della gioia. Per questo prosegue dicendo: grideranno e canteranno un inno. Questo è il frumento che le vallate producono per il Signore e questo è il frutto delle labbra di coloro che confessano il suo nome. Nulla è più gradito a Dio del sacrificio della lode, compiuta nel giubilo. 

martedì 18 settembre 2012

COMMENTO AI SALMI DI LODI (lunedi 2)


Lunedì. Seconda settimana.

Salmo 41
Al maestro del coro. Maskil. Dei figli di Core. 


Supplica angosciosa di chi non ritrova più la dolcezza della comunione con Dio dopo averla conosciuta. La Chiesa rivive la preghiera di Gesù, con forti grida e lacrime, nel giardino degli ulivi, prima della sua passione. Invoca a favore degli uomini che vivono il dolore, anche inconsapevole, dell’assenza di Dio.
[Soprattutto il ritornello (Perché sei così triste, anima mia…) ricorda l’espressione di Gesù: «L’anima mia è triste fino alla morte» (Mc 14, 34)]

Come la cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, o Dio. L’anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente: quando verrò e vedrò il volto di Dio? Le lacrime sono il mio pane giorno e notte, mentre mi dicono sempre: «Dov’è il tuo Dio?».

Questo io ricordo e l’anima mia si strugge: avanzavo tra la folla, la precedevo fino alla casa di Dio, fra canti di gioia e di lode di una moltitudine in festa. Perché ti rattristi, anima mia, perché ti agiti in me? Spera in Dio: ancora potrò lodarlo, lui, salvezza del mio volto e mio Dio. 
In me si rattrista l’anima mia; perciò di te mi ricordo dalla terra del Giordano e dell’Ermon, dal monte Misar. Un abisso chiama l’abisso al fragore delle tue cascate; tutti i tuoi flutti e le tue onde sopra di me sono passati. 
Di giorno il Signore mi dona il suo amore e di notte il suo canto è con me, preghiera al Dio della mia vita. Dirò a Dio: «Mia roccia! Perché mi hai dimenticato? Perché triste me ne vado, oppresso dal nemico?». Mi insultano i miei avversari quando rompono le mie ossa, mentre mi dicono sempre: «Dov’è il tuo Dio?». Perché ti rattristi, anima mia, perché ti agiti in me? Spera in Dio: ancora potrò lodarlo, lui, salvezza del mio volto e mio Dio.



Come la cerva anela… Il tormento nasce a motivo dell'impossibilità di accedere al tempio. Il versetto iniziale fa entrare nel cuore del problema. La cerva non trova più i ruscelli d’acqua dov’era abituata a dissetarsi, poiché si sono dissecati, e prova il tormento della sete. Allo stesso modo, il credente non ritrova più la comunione con Dio e ne soffre. (cfr Ger 15, 18: «Tu sei diventato per me un torrente infido, dalle acque incostanti»). [Cf. il testo di Giovanni della Croce, in calce]. 
Le lacrime sono il mio pane… Quale il significato? a) l’esistenza ha interrotto il suo pacifico corso normale come in Gb 3, 24: «Al posto del pane viene la mia sofferenza perché ciò che temevo mi è sopraggiunto»; b) Il pianto è così frequente da scoppiare anche durante il pasto, come in Sal 101, 10: «Cenere mangio come fosse pane, alla mia bevanda mescolo il pianto»; c) soffro a tal punto da perdere l’appetito. Il dolore è cresciuto a causa dello scherno degli idolatri che lo circondano.
Questo io ricordo… Il salmista, chiuso nel dolore, è rivolto soltanto al passato quando era lieto di animare i pellegrinaggi al tempio.
Un abisso chiama… Il rumore delle cascate sui monti, dove il salmista si trova, evoca l’abisso primordiale (tehòm); la sofferenza ha una forza travolgente; percuote l'uomo come se questi si trovasse sotto un flusso costante di acqua che precipita su di lui.
Di giorno il Signore… Rivolgersi a Dio, nella lamentazione, è un modo efficace per rianimarsi nel dolore, in vista di riprendere forza.
Il salmo, interrotto in modo brusco, prosegue con uno sguardo fiducioso al futuro nel salmo 42 (cf. martedì, prima settimana).



Rilettura di Bruno di Segni

Come il cervo desidera le fonti d’acqua: così la mia anima desidera te, Signore. Ogni vizio e peccato è un veleno per l’anima. Non riusciremo a farli scomparire da noi, se non ci accosteremo a Dio, se non ci rifugeremo in lui e se non berremo l’acqua che ci è stata raccomandata dal Signore: «Chi berrà dell’acqua che io darò loro, non avrà più sete» (Gv 9,14).
L’anima mia ha sete del Dio vivente. Pativa questa sete l’apostolo quando esclamava: «Desidero morire ed essere con Cristo» (Fil 1,23). La pativa anche Isaia nel dire: «Se tu squarciassi i cieli e discendessi!» (Is 64,1). Molti altri ancora, ai quali questa esistenza pesava in modo enorme, desideravano con tutte le loro forze [l’altra] vita. L’anima mia ha sete del Dio vivo e poiché continuava a provare sete aggiunse: Quando verrò e apparirò davanti al volto di Dio? Giustamente il Signore è chiamato Dio vivo, poiché egli contiene tutta la vita e in lui vive ogni cosa e senza di lui non è possibile alcuna vita.
Le lacrime furono il mio pane giorno e notte, mentre si diceva a me ogni giorno: dov’è il tuo Dio? I pagani spesso insultavano i cristiani dicendo loro: dov’è il vostro Dio? Si faccia vedere adesso, se lo può fare, e vi aiuti; se è davvero Dio, vi liberi dalle nostre mani. Nabucodonosor provocava in questo modo i tre fanciulli: «Quale Dio vi potrà liberarvi dalle mie mani?» (Dan 3,15), ma loro gli replicarono con profonda sapienza: «Dio è potente e, se vuole, ci libererà dalle tue mani; se, però, non lo vorrà fare, sappi che non onoreremo i tuoi dei e non adoreremo mai la statua d’oro che hai eretto» (v.18). Che cosa facevano i santi, nel ricevere tali attacchi? Soffrivano, pregavano, si nutrivano delle loro lacrime. Non tutti possono affermare che il loro nutrimento è di tal genere, perché esso è un alimento proprio dei perfetti ai quali piace soltanto contemplare Dio.

Questo ricordo e ho effuso la mia anima. Quando gli infedeli mi dicevano quelle cose, mi sono ricordato che sarei passato nel luogo della tenda meravigliosa e che sarei giunto fino alla casa di Dio; allora avrei visto il mio Dio e il mio Salvatore, circa il quale costoro mi dicono: Dov’è il tuo Dio? I santi, ottenuta la beatitudine, subito vedranno; con gli occhi del corpo [vedranno] l’umanità di Cristo e con gli occhi dello spirito la sua divinità, affinché la vista di entrambe sia utile e non resti inefficace. Perciò l’apostolo Giovanni parla così del Signore: «Sappiamo che quando si manifesterà, saremo simili a lui, perché lo vedremo come egli è» (Gv 3,2). Mi ricordai queste cose e venne meno la mia anima; la ripresi mentre stava per separarsi da me e gli feci riprendere la forza del primo vigore.
Con voce d’esultanza e di lode, suono di gente in festa. Il Profeta ci fa conoscere con quale gioia e letizia le anime dei santi vengano accolte in quella beatitudine. Per questo precisa: suono di gente in festa. Il grido di gioia e di lode sarà così intenso come lo è il suono di chi festeggia perché non gli manca nulla, di chi batte le mani, di chi gode e si ricrea in una felicità ineffabile. Non poteva elaborare una similitudine più adatta per esprimere la dolcezza e l’esultanza del suo ingresso.
Perché sei triste anima mia e perché ti agiti in me? Spera in Dio e ancora potrai lodarlo. Nel esortare e rianimare una parte di se stesso, [il salmista] mostra un grande esempio per i suoi ascoltatori ed insegna loro come devono comportarsi quando si sentono avviliti per i grandi insulti e ingiurie che ricevono. Perché sei triste, anima mia? Sopporta con pazienza e non lasciarti turbare perché tutto questo passerà in fretta; piuttosto spera in Dio che non abbandona coloro che sperano in lui: infieriscano gli avversari quanto vogliono, minaccino pure ed uccidano, mi tormentino quanto vogliono ma io continuerò a confermare la mia fede e mai rinnegherò il mio Dio, neppure per il timore della morte.
Mi dicono: dov’è il tuo Dio? Rispondo che Egli è assai vicino e che accoglierà subito la mia anima quando lascerà [il corpo]. […]

Di giorno il Signore invierà la sua misericordia e lungo la notte la manifesterà. Ciò che accade di giorno non resta ignorato, e neppure ciò che viene manifestato nella notte, anche se essa è priva di luce. Il Signore mandò la sua misericordia di giorno, - quando non risparmiò il proprio figlio ma lo consegnò per tutti noi (cf. Rm 8,32)-, poiché la fece conoscere a tutti i popoli. Annunciò e fece sperimentare la sua misericordia nel corso della notte; anzi ogni giorno l’annuncia e la fa conoscere quando libera e scampa i suoi fedeli da grandi pericoli e da tribolazioni. Quest’uomo santo, memore di un dono così grande, dice alla sua anima: Spera in Dio, poiché lo potrò lodare anche in seguito.
Presso di me è la preghiera della mia vita; dirò a Dio. Presso di me e nel mio cuore è presente la preghiera che intendo formulare al Dio della mia vita. Dio della mia vita è colui ci diede la vita e la custodì dopo avercela donata, che mandò il suo soffio sul volto del primo uomo e gli infuse il respiro da vivente. In che cosa consiste quella preghiera [a cui ha accennato]? Lo chiarisce nel seguito: Mia difesa, perché mi hai dimenticato e respinto, perché me ne vado nella tristezza, affitto dal mio nemico? Mentre mi infrangono le ossa, mi deridono e mi perseguitano e intanto mi dicono: Dov’è il tuo Dio? Il contenuto della sua preghiera si sviluppa in queste parole; la conservava in se stesso ma si riprometteva di esprimerla al Signore.
Perché mi hai dimenticato e respinto? Se Dio lo ha sempre accolto, come può averlo dimenticato o respinto? Ascoltiamo la stessa voce. Perché, se non mi hai respinto, me ne vado nella tristezza, afflitto dal mio nemico? Se non mi avesse dimenticato, sarei rimasto sereno nelle mie sofferenze e avrei sopportato tutto con pazienza. Abbiamo letto che molti santi continuavano ad essere gioiosi anche fra i tormenti e desideravano perfino sofferenze più gravose. Si duole la Madre Chiesa per coloro che non furono in grado di raggiungere un grado di perfezione così elevato. Continua la stessa preghiera: perché me ne vado triste, mentre mi infrangono le ossa. Non si lamenta della frattura delle ossa, ma piuttosto si duole di essere stata triste, mentre gliele rompevano. Nella fatturazione dello ossa, che comporta un dolore acuto, viene evocata ogni altra sofferenza sopportata dai santi; benché essi le sopportassero nel dolore, erano lieti di dover affrontarle per il nome di Cristo. Continua: perché me ne vado nella tristezza, affitto dal mio nemico? Mentre mi infrangono le ossa, mi deridono e mi perseguitano e intanto mi dicono: Dov’è il tuo Dio? Essa c’insegna a non trasferire fino nel nostro cuore le offese che possiamo ricevere ma, al contrario, di sopportare con gioia i patimenti sofferti per la fede in Cristo. Perciò aggiunge:

Perché sei triste, anima mia e ti turbi in me? Cessi ogni tristezza. Accettiamole nella gioia perché «le sofferenze del tempo presente non sono paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi» (Rm 8,18). Spera in Dio e ancora lo loderò, salvezza del mio volto e mio Dio. Spera nel Signore! Lo dice a se stesso e alla sua anima. Ci dispiaccia di aver compiuto in modo imperfetto ciò che abbiamo fatto. Tuttavia abbiamo una speranza lieta: lo loderemo per sempre, «né morte, né vita ci potranno separare dall’amore di Dio che è in Cristo Gesù» (Rm 8,39). Egli è la salvezza del nostro volto e il nostro Dio.


Altri suggerimenti

Di giorno il Signore mi dona il suo amore: «Nessuno manchi di ascoltare quando è nella tribolazione. State attenti quando vivete nel bene, ascoltate quando siete nella prosperità; imparate, quando siete tranquilli, la disciplina della sapienza, e raccogliete come fosse un cibo la parola di Dio. Quando uno è nella tribolazione, gli giova ciò che ha ascoltato quando era tranquillo. Infatti nella prosperità Dio ti manda la sua misericordia, se fedelmente lo avrai servito, perché ti libera dalla tribolazione; ma soltanto per mezzo della notte ti annuncia la misericordia che ti manda per mezzo del giorno. Quando sarà venuta la tribolazione allora non ti mancherà l'aiuto; ti mostra che era vero ciò che ti ha mandato durante il giorno. Di giorno il Signore ha mandato la sua misericordia e di notte la annunzierà.  Per questo siamo esortati a imitare la formica . Come infatti la prosperità del secolo è rappresentata dal giorno, così le avversità del secolo sono rappresentate dalla notte; del pari, in altro modo, la prosperità del secolo è rappresentata dall'estate, mentre le avversità del secolo sono rappresentate dall'inverno. E che cosa fa la formica? Durante l'estate raccoglie ciò che le serve d'inverno. Dunque quando è estate, quando vivete nel bene, quando siete tranquilli, ascoltate la parola del Signore».
Quando rompono le mie ossa… «Quando vediamo i forti della Chiesa cedere spesso agli scandali, non dice forse allora il Corpo di Cristo: il nemico spezza le mie ossa? Le ossa infatti sono i forti, e talvolta gli stessi forti cedono alle tentazioni. Quando un membro del Corpo di Cristo osserva tutte queste cose, non grida forse con la voce del Corpo di Cristo: perché mi hai scacciato, e perché rattristato devo camminare, mentre il nemico mi affligge, mentre spezza le mie ossa? Non soltanto le mie carni, ma anche le mie ossa; perché tu vedi cedere alla tentazione anche coloro nei quali si riteneva vi fosse una certa forza, e gli altri deboli disperano quando vedono soccombere i forti. Come sono grandi questi pericoli, fratelli miei!» (Agostino)


Il desiderio di san Giovanni della Croce


Sola qui, gemente, mi hai lasciata! Occorre notare che l’assenza dell’Amato causa continui gemiti nell’amante, perché non ama niente al di fuori di lui, in nulla trova riposo e sollievo. Da questo si può riconoscere chi ama davvero Dio: se non si contenta di qualcosa d’inferiore a Dio. San Paolo ci fa ben comprendere cos’è questo gemito quando dice: Gemiamo interiormente aspettando l’adozione a figli di Dio (Rm 8,23). È come se dicesse: dentro il nostro cuore, dove abbiamo il pegno dell’Amato, sentiamo ciò che ci tormenta, cioè l’assenza. Questo è il gemito che l’anima lascia sempre intendere a motivo dell’assenza del suo Amato, soprattutto quando, dopo aver gustato qualche dolce e piacevole sua comunicazione, egli la lascia nell’aridità e nella solitudine. Tale condotta la turba molto.  (Giovanni della Croce, Cantico, 1,6)




Salmo 18 A

Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.


Dio si manifesta, in modo silenzioso ma chiaro, nell’apparizione degli astri, in modo particolare nel sole. Il sole è come un prode coraggioso, capace di vincere ogni avversario. La Chiesa annuncia la vittoria di Cristo, Sole di giustizia, e invoca perché i suoi membri brillino come astri nel mondo, facendo volgere l’attenzione alla Parola di vita.

I cieli narrano la gloria di Dio, l’opera delle sue mani annuncia il firmamento. Il giorno al giorno ne affida il racconto e la notte alla notte ne trasmette notizia. Senza linguaggio, senza parole, senza che si oda la loro voce, per tutta la terra si diffonde il loro annuncio e ai confini del mondo il loro messaggio.
Là pose una tenda per il sole che esce come sposo dalla stanza nuziale: esulta come un prode che percorre la via. Sorge da un estremo del cielo e la sua orbita raggiunge l’altro estremo: nulla si sottrae al suo calore.

I cieli... il firmamento: rappresentano tutti gli spazi celesti.
Il giorno al giorno… La regolare alternanza del giorno e della notte comunica già di per sé, senza parole, l'opera di Dio in azione nella sapiente armonia dell'universo.
Una tenda per il sole... Il buio della notte rappresenta la tenda dove il sole va a coricarsi prima di uscire di nuovo a fecondare (come sposo) la terra e a dominare il corso del giorno. Il sole è un prode ma anche un atleta, che corre da un punto all'altro dell’orizzonte (cf. Vigini).
Il salmo, di per sé, continua (18 B) assegnando al giusto alcune caratteristiche del sole.


Rilettura cristiana di Bruno di Segni

I cieli narrano la gloria di Dio e il firmamento annuncia le opere delle sue mani. Gli apostoli santissimi possono essere considerati dei cieli per una serie di motivi: nella Chiesa sono le membra più eccellenti e più grandi; nell'ambito della loro autorità, hanno potere su tutto; nascondono e contengono in se stessi i segreti divini; sono tempio di Dio e lo Spirito Santo, che fu comunicato a loro in modo visibile, abita in loro; a somiglianza della volta celeste, sono trapuntati e diversificati tra loro di tutte le virtù, come da splendide stelle. Sono loro a narrare la gloria di Dio, sono loro che annunciano le opere delle sue mani. Giustamente si dice che sono un fondamento, perché tutta la Chiesa è stabilita e fondata sulla loro fede. Dice infatti l'Apostolo: «Siete edificati sul fondamento degli apostoli e dei profeti» (Ef 1,20). Furono resi tali da poter essere inviati in tutto il mondo a proclamare la gloria di Dio. Il profeta, che parla in questo salmo, non avrebbe potuto assegnare a loro un nome più nobile di quello di cielo e firmamento.
La trasmissione della parola, da un giorno all'altro giorno, ha lo stesso significato [del detto precedente] i cieli narrano la gloria di Dio. Coloro che prima ha chiamato cieli, ora li chiama giorni. Del resto il Figlio di Dio nel Vangelo li aveva denominati luce: «Voi siete la luce del mondo» (Mt 5,14). Anche questa denominazione attribuisce loro onore e grandezza. Il giorno trasmette al giorno la parola, quando i santi Apostoli, illuminati dalla vera luce, annunciano la parola della predicazione al popolo cristiano, che a sua volta è un giorno. 
Tuttavia compare anche un vero delitto e un male intollerabile! A somiglianza del giorno che trasmette la parola di Dio, anche la notte trasmette una scienza ad un'altra notte. Se gli apostoli e i fedeli sono chiamati giorno, perché non si potrebbero considerare notte tutti gli eretici e i miscredenti? Quando essi trasmettono ai loro ascoltatori il loro errore e la loro tenebra, allora senza dubbio avviene che una notte trasmetta all'altra il suo sapere.
Non sono parole, non sono discorsi dei quali non si comprenda la loro voce. In un altro testo troviamo lo stesso messaggio: «Gli apostoli annunciavano in varie lingue le grandi opere di Dio» (At 2,11). Parlavano in tutte le lingue e pieni di Spirito Santo pronunciavano dei discorsi colmi di sapienza e di scienza. Dove?
In tutta la terra si è diffusa la loro parola e ai confini del mondo il loro messaggio. E che cosa insegnavano? Lo dice ora:

Nel sole ha posto la sua tenda ed egli è come uno sposo che esce dal suo talamo. Esultò come un gigante nel percorrere velocemente la via; dall'altezza del cielo la sua uscita. La sua orbita fino alla sua sommità e nessuno può ripararsi dal suo calore. Troviamo una sintesi dell'annuncio degli apostoli, un riferimento alla nascita, all'ascensione e al giudizio finale. La tenda di Cristo è la sua natura umana nella quale, come dichiara l'Apostolo, abita la pienezza della divinità in modo corporale (Col 2,9). Il Signore pose nel sole la sua umanità poiché la fece conoscere a tutti i popoli. Ciò che non appare alla luce del sole, rimane nascosto nel buio e non può essere scorto. Soltanto ciò che risplende alla luce del sole può essere visto e non rimane oscurato. Per questo leggiamo in altri testi: «Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza e davanti le genti ha rivelato la sua giustizia» (Sal 97,2). Come uomo il nostro Salvatore è nel sole, come Dio è al di sopra del sole; come uomo poté essere visto ma come Dio rimase invisibile. Uscì come uno sposo dal suo talamo, ossia dal ventre verginale, dove avvenne quell'unione ineffabile, là dove la divinità si unì all'umanità in modo ineffabile. 
Esultò come un gigante nel percorrere velocemente la via. È la stessa via di cui è detto in un altro salmo: «Sulla via, berrà da torrente e per questa sollevò il capo» (Sal 109, 8). In questo testo si dichiara apertamente che Egli sopportò volontariamente tutte le sofferenze che vengo raccontate a suo riguardo. La sua via fu questo percorso: nascere da una vergine, compiere miracoli, morire, risorgere e in seguito, dopo aver fatto tutto questo, salire al cielo. Perché lo si paragona ad un gigante? Il Signore è presentato come un gigante perchè fu forte ed invincibile.
La sua orbita fino alla sua sommità e nessuno può ripararsi dal suo calore. Lo conferma Cristo stesso: «Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo, ora lascio il mondo e ritorno presso il Padre» (Gv 16,28). Penso che nella sommità del cielo indichi Dio Padre, perchè egli è al di sopra di tutto e non v'è nulla al di sopra di Lui. Dire dalla sommità fino alla sommità è un modo per indicare che il Padre è del tutto uguale a Lui.
L'aggiunta: nessuno può ripararsi dal suo calore, può essere compresa in due modi: o una menzione del fuoco dello Spirito Santo o un'allusione al calore del fuoco eterno. Non esiste un uomo che non provi almeno uno di questi due calori. La persona che, in questa vita, si lascia infiammare dal fuoco dello Spirito Santo non affronterà il divampare di quel fuoco. Conclusa la prima esposizione della predicazione degli apostoli, esaminiamo la seconda nella quale parla della Legge del Signore e della giustizia, del timore e del giudizio. 



Rilettura di Cassiodoro

I cieli narrano la gloria di Dio e l’opera delle sue mani annuncia il firmamento. In un senso strettamente letterale si potrebbe pensare che i cieli abbiano raccontato la gloria di Dio quando una stella, come guida, precedette i magi diretti a Betlemme e, rimanendo ferma sopra la sua culla, manifestò la venuta del Signore Salvatore (Mt 2, 9-11). Tuttavia mi sembra che sia preferibile riferire questo agli apostoli e ai profeti i quali, trattando l’argomento della sua venuta, riempirono l’universo di sante esortazioni. . 
Aggiunge annuncia il firmamento: sono i predicatori della sua incarnazione che ha reso irremovibile la solidità della nostra fede. 
Il giorno trasmette la parola al giorno e la notte alla notte ne dava notizia. Il giorno trasmetteva la parola al giorno quando il Signore parlava agli apostoli. Egli infatti, irradiando di amore divino, infondeva parole di luce celeste in quegli uomini dal cuore purissimo. Lasciava fuoriuscire la parola, quando trasmetteva gli insegnamenti a istruzione dei santi, dopo averli fatti emergere dai profondi penetrali. 
La notte dava notizia alla notte quando Giuda tradì il Cristo e lo consegnò ai giudei perché venisse ucciso (Mt 26, 47-50). Dare notizia è tipico di chi tradisce. Si erano accordati tra di loro che avrebbero catturato colui che quel vero criminale avrebbe baciato.

Su tutta la terra è uscito il loro suono e ai confini della terra le loro parole, ha posto nel sole la sua tenda. La terra significa l’uomo, il quale è in grado di ascoltare e di credere. Il suono fa pensare alla fama dei miracoli che si diffondeva, a motivo della novità stessa, tra i singoli popoli accompagnata da un giudizio assai favorevole. I confini della terra sono i re, i quali custodiscono i loro regni come fossero i confini della loro proprietà; voleva che rendessero noto come, in verità, le parole del vangelo non erano giunte soltanto presso gli umili ma anche presso i capi delle nazioni. 
Segue il santo annunzio da parte del profeta dell’incarnazione del Verbo, così poteva dire di aver compiuto anche da parte sua ciò che aveva elogiato altri di aver fatto. Dagli apostoli passa alla persona del Signore. Nel sole ossia intende dire nella manifestazione al mondo. La tenda è la presenza del suo corpo. 
Ed Egli come uno sposo che esce dal suo talamo, esultò come un gigante per percorrere velocemente la sua strada. Dicendo Egli, fa riferisce a Cristo il quale, come sposo della sua Chiesa, esce dal suo talamo, cioè dal grembo verginale di Maria. Con un paragone così solenne, espose il sacramento della sua incarnazione. Con questo intento uscì dal grembo verginale, in seguito ad un progetto salvifico ammirevole, per riconciliare il mondo con Dio ed infine per unire a sé, allo sposo, la Chiesa, nell’amore.  
A ragione poi il nostro Cristo ora viene paragonato ad un gigante, perché, vincendo con la grandezza della sua potenza la natura umana, debellò tutti i vizi del mondo insieme al loro crudele istigatore. Dicendo poi per percorrere velocemente la strada, ribadisce ciò che aveva detto nel salmo primo: non stette nella via dei peccatori. Questa strada significa il corso della sua vita, quello trascorso dal Signore divenuto uomo; ossia il fatto che nacque, crebbe, insegnò, patì, risuscitò, ascese al cielo, siede alla destra del Padre. Giustamente dunque ha detto di aver trascorso velocemente la strada, poiché non gli accadde mai di trattenere la sua azione nella prospettiva mondana. . 
7. Da un’estremità del cielo la sua uscita e la sua corsa fino alla sua sommità; nulla si sottrae al suo calore. Se osserviamo con diligenza, qui viene manifestata la grandezza di tutta la Trinità. L’estremità del cielo si riferisce al Padre, la sua uscita allude alla generazione del Figlio, non temporale ma coeterna al Padre, che è prima di ogni inizio, dal momento che il Figlio stesso è principio. La sua uscita, viene denominata così in base alla prospettiva umana, perché Cristo, permanendo nell’una e nell’altra natura dopo aver assunto la carne, salì alla sede della maestà paterna. Fino alla sua sommità, ossia fino alla divinità per la quale il Figlio è sempre uguale al Padre. Infatti se viene dalla sommità, non è per nulla inferiore; se ritorna alla sommità, egli è un uomo Dio uguale al Padre nell’essenza divina, continua a rimanere in quella condizione in cui era venuto e la miseria della condizione umana non lo privò di nulla. 
Infine il fatto che dica: nulla si sottrae al suo calore, sembra fare allusione allo Spirito Santo, inviato ai discepoli dopo la sua ascensione. Egli è infatti il calore dal quale nessuno si può sottrarre, perchè, nella potenza della sua divinità, conosce il cuore di ognuno.