mercoledì 11 aprile 2012

Tempo di Pasqua. Significato e Norme

Il tempo di Pasqua inizia la domenica di Risurrezione e si protrae per Cin­quanta giorni fino alla solennità di Pentecoste, e per questo motivo è detto anche Cinquantina pasquale. Si chiama «tempo della mistagogia»: il mistero pasquale, che nella sua concenrrazione teologale è stato celebrato nel Triduo santo, è scandito nei suoi diversi aspetti.
Nella tradizione i Cinquanta giorni che seguivano la celebrazione della Pasqua annuale venivano considerati come una grande domenica, un solo «grande giorno». Massimo di Torino (padre della Chiesa morto nella prima metà del V sec.) afferma circa i Cinquanta giorni che seguono la celebrazione della Pasqua:
«A guisa... della domenica, tutto il corso dei cinquanta giorni è celebrato e tutti questi giorni sono considerati come domeniche; la risurrezione, infatti, è di domenica. La domenica il Salvatore risorgendo ritornò tra gli uomini e dopo la risurrezione vi rimase per tutto il periodo di cinquanta giorni. Era dunque necessario che fosse uguale la festività di quei giorni dei quali era uguale anche la sacralità» (Serm., 44,1). Per Massimo e per la Chiesa antica quindi i cinquanta giorni del tempo di Pasqua erano vissuti come «una perenne e ininterrotta festi­vità» nella quale si celebrava nella gioia la risurrezione del Signore. Per questo era vietato ogni atteggiamento e ogni gesto che potesse oscurare il carattere festivo e gioioso di questi giorni: digiuno, genuflessioni... Tutto doveva esprimere la gioia della Chiesa per la vittoria del Signore sulla morte e per la nuova vita che la partecipazione alla Pasqua di Cristo fa germogliare nei credenti. 


Per comprendere il senso del tempo di Pasqua, è particolarmente significativa una preghiera che troviamo nella celebrazione della Veglia pasquale. Si tratta della orazione dopo la VII lettura. Il testo, che ha origini molto antiche, chiede che «tutto il mondo veda e riconosca che db che è distrutto si ricostruisce, ciò che è invecchiato si rinnova e tutto ritorna alla sua integrità, per mezzo di Cristo, che è principio di tutte le cose». Al termine dell'itinerario spirituale della Quaresima, la Chiesa chiede occhi per riconoscere la nuova vita che la Pasqua del Signore in essa genera. Il tempo di Pasqua consiste proprio in questa «manifestazione» della vita del Risorto nella Chiesa e nell'umanità. Il Cristo risorto - se seguiamo attentamente il lezionario - è presente come Vivente, come Pastore, come Vite senza la quale i tralci non possono fare nulla, come Via che conduce al Padre... Nel medesimo tempo il lezionario, mentre ci annuncia la presenza viva del Risorto nella comunità dei credenti, delinea anche i tratti irrinunciabili del volto della Chiesa e le realtà che stanno alla base della sua vita e che le sono state donate appunto dalla pasqua del Signore.
Anche i prefazi ci presentano il legame tra la Pasqua di Cristo e la vita nuova della Chiesa: «E lui il vero Agnello che ha tolto i peccati del mondo, è lui che morendo ha distrutto la morte e risorgendo ha ridato a noi la vita» (Prefazio I). E ancora: «Per mezzo di lui rinascono a vita nuova i figli della luce, e si aprono ai credenti le porte del regno dei deli. In lui morto è redenta la nostra morte, in lui risorto tutta la vita risorge» (Prefazio II).
Il tempo di Pasqua termina con la solennità di Pentecoste nella quale si celebra il «compimento della Pasqua» (Prefazio) grazie allo Spirito, che è la pienezza del dono di Dio, il dono atteso per i tempi ultimi. Il testo del Prefazio afferma:
«Oggi hai portato a compimento il mistero pasquale e su coloro che hai reso figli di adozione in Cristo tuo Figlio hai effuso lo Spirito Santo... ». Nel dono dello Spirito, che è il frutto per eccellenza della Pasqua del Signore, si compiono le promesse antiche e la Chiesa può portare fino ai confini del mondo l'annuncio del Vangelo.



1. Le Domeniche della Cinquantina sono state considerate come «domeniche di Pasqua» - non "dopo" Pasqua, come prima della riforma conciliare - e anno la precedenza su ogni festa del Signore e su ogni solennità. Tutte quelle solennità che coincidono con queste domeniche si posticipano al lunedì, secondo la Variazione introdotta il 22.4.1990 da parte della «Congregazione del culto divino e della disciplina dei sacramenti».
2. Anche le celebrazioni in onore della B. V. Maria e dei Santi, che ricorrono durante la settimana, non possono essere rinviate alle domeniche "di" Pasqua.

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