lunedì 30 maggio 2011

Caino e Abele


4. 1 Adamo si unì a Eva sua moglie, la quale concepì e partorì Caino e disse: «Ho acquistato un uomo dal Signore». 2 Poi partorì ancora suo fratello Abele. Ora Abele era pastore di greggi e Caino lavoratore del suolo.
Eva concepì e partorì Caino e disse: «Ho acquistato un uomo dal Signore». Eva, nell’esprimere la gioia della maternità, sembra escludere del tutto il marito dalla sua considerazione, come se ormai fosse interessata esclusivamente al figlio. Caino è un figlio molto importante per lei mentre Abele, che in ebraico significa soffio, nullità, appare come un figlio aggiunto al fratello, come se fosse considerato una persona di scarso valore.
«Eva pensò: “Ho ottenuto un figlio per mezzo di Dio. Non è stata soltanto la natura a procurarmi un figlio ma la grazia divina”. Allora di nuovo partorì anche Abele. Essendo stata riconoscente del primo dono, ne ricevette anche un altro. Così agisce Dio: se siamo riconoscenti per un dono che ci ha elargito e riconosciamo il nostro Benefattore, egli ci offre altri benefici» [1].
3 Dopo un certo tempo, Caino offrì frutti del suolo in sacrificio al Signore; 4 anche Abele offrì primogeniti del suo gregge e il loro grasso. Il Signore gradì Abele e la sua offerta, 5 ma non gradì Caino e la sua offerta.
Caino offrì frutti del suolo in sacrificio al Signore. «Il nostro Creatore ci ha infuso la sapienza della coscienza. Chi ammaestrò Caino a offrire sacrifici se non la sola voce della coscienza? Era convinto che fosse opportuno offrire a Dio qualche bene. Dio non sente la mancanza di qualcosa ma vuole insegnare il sentimento di riconoscenza. Non ha bisogno di noi ma si adatta alla nostra povertà e accetta questi doni a nostro vantaggio. Aderire a Dio, infatti, diventa uno stimolo per agire in modo corretto» [2].
Anche Abele offrì primogeniti del suo gregge e il loro grasso. «Abele offrì i primogeniti del gregge, ossia ciò che era più prezioso; aggiunse anche il loro grasso, la parte più ricca e desiderabile. Ben diversamente agì Caino che si limitò a presentare dei frutti, quasi presi a caso» [3]. Caino sembra offrire un sacrificio per ottenere la preferenza del Signore ed un vantaggio per sé, mentre l’offerta di Abele appare più spontanea e disinteressata.
Come possiamo anche noi offrire un sacrificio gradito a Dio? «Vivendo sotto lo sguardo di Dio in semplicità e innocenza, noi presentiamo in dono al Signore gli agnelli del nostro gregge; offriamo le più grasse delle nostre pecore, se presentiamo a Dio, opere di misericordia e di pietà» [4].
Il Signore gradì Abele e la sua offerta. Il lavoro da pastore di Abele ottiene buoni risultati. Dio restituisce ad Abele la dignità che i suoi genitori gli avevano rifiutato. «Si realizza in questo caso il detto del Vangelo: i primi saranno ultimi e gli ultimi primi (Mt 19, 30). Caino che si vantava del privilegio della primogenitura fu considerato inferiore al fratello» [5].
Punti di meditazione
Il culto di Abele ci richiama il valore della preghiera, considerata soprattutto come meditazione sulle parole della Sacra Scrittura: «La preghiera frequente produce una certa disciplina nel pregare; la stessa consuetudine ci rende docili a Dio, mentre la negligenza ci fa sordi a Lui. Del resto anche il vigore del corpo è accresciuto dall'esercizio frequente, mentre diminuisce e languisce se non è tenuto in attività. Procuriamo alla nostra mente questo cibo che, triturato e reso farinoso da una lunga meditazione, dia forza al cuore dell'uomo. È necessario triturare e rendere farinose le parole delle Scritture celesti, impegnandoci con tutto l'animo e con tutto il cuore, affinché la linfa di quel cibo spirituale si diffonda in tutte le vene dell'anima» [6].
L’omicidio
Caino è invidioso della prosperità del fratello. Il suo ruolo da persona privilegiata è messo in discussione. Egli, da solo, non costituiva il tutto; pur essendo avvantaggiato, aveva bisogno di integrarsi con il fratello. Dio aveva già detto che non è bene che l’uomo sia solo, isolato e senza relazioni. Egli dovrebbe trasformare la sua sofferenza in un’occasione per un rapporto migliore con Abele. «È proprio questa la sfida di Caino: dominare l’animale per attuare in sé l’immagine di Dio» (Wenin 107). Il peccato, presentato come un animale feroce, accovacciato alla porta, non è mai una fatalità alla quale non sia possibile sfuggire.
5. Caino ne fu molto irritato e il suo volto era abbattuto. 6 Il Signore disse allora a Caino: «Perché sei irritato e perché è abbattuto il tuo volto? 7 Se agisci bene, non dovrai forse tenerlo alto? Ma se non agisci bene, il peccato è accovacciato alla tua porta; verso di te è il suo istinto, ma tu dòminalo».
Il suo volto era abbattuto. «Niente è più infido del cuore e difficilmente guarisce! Chi lo può conoscere» (Ger 17,9). «Se potessimo vedere per ciascun peccato come ne resta ferito il nostro uomo interiore! L’anima resta ferita dalla lingua, come resta ferita dai pensieri e desideri cattivi, riceve fratture e si spezza per le opere del peccato. Se noi potessimo vederlo e sentire le cicatrici dell’anima ferita, certo resisteremmo fino alla morte contro il peccato» [7].
Il peccato è accovacciato alla tua porta. «Guariscimi, Signore, e guarirò, salvami e sarò salvato, perché tu sei il mio vanto» (Ger 17,14). «Chi si mette a coltivare la medicina o la filosofia, non sarà subito così perfetto che non capiti che sbagli in qualcosa, eppure è annoverato tra i medici o tra i filosofi. Chi s’impegna nella santità, lo si può chiamare santo per questo proposito. Tuttavia per il fatto che cadrà in molte cose fino a che per la consuetudine sia recisa da lui l’abitudine del peccare, sarà anche chiamato peccatore. I santi fanno penitenza per i peccati, sentono le loro ferite, ricercano il sacerdote, domandano con insistenza la salute» [8].
«Nessuno, quando è tentato, dica: Sono tentato da Dio; perché Dio non può essere tentato dal male e non tenta nessuno al male. Ciascuno piuttosto è tentato dalla propria concupiscenza che lo attrae e lo seduce; poi la concupiscenza concepisce e genera il peccato, e il peccato, quand'è consumato, produce la morte» (Gc 1,13-15).
8 Caino disse al fratello Abele: «Andiamo in campagna!». Mentre erano in campagna, Caino alzò la mano contro il fratello Abele e lo uccise.
Nessuno è tutto; sarebbe opportuno ai due fratelli mettere in comune i propri beni. La disparità poteva trasformarsi in generosa collaborazione ma in realtà accade il contrario. Per impadronirsi di tutto, Caino elimina il rivale ma «l'ira dell'uomo non compie ciò che è giusto davanti a Dio» (Gc 1,20).
Andiamo, in campagna. «Chiunque odia il proprio fratello è omicida» (1 Gv 3,15). «Le ferite incurabili resistono a tutti i medicamenti, sia a quelli pesanti come a quelli leggeri. Allo stesso modo l’animo incattivito non vuole riflettere su ciò che gli sarebbe opportuno fare; per quante esortazioni lo si ammonisca, non si riesce a smuoverlo. Non è questione di capacità, ma di volontà»[9] .
Caino alzò la mano contro il fratello. «L’uomo è un animale ragionevole degno d’onore quando progredisce nella virtù, ma se inclina al male, finisce con l’imitare la crudeltà delle fiere. Una volta che abbia assunto le caratteristiche della belva, per quanto sia di per sé ragionevole mite, supera molto la loro ferocia» [10].
Gesù si offrirà volontariamente alla morte per liberare dal peccato tutta l’umanità: «In Abele fu anticipata l’immagine affinché in Cristo si manifestasse poi la realtà» [11].
«Voi vi siete invece accostati alla Gerusalemme celeste e a miriadi di angeli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti portati alla perfezione, al Mediatore della Nuova Alleanza e al sangue dell'aspersione dalla voce più eloquente di quello di Abele» (Eb 12,22-24).
«Da questo si distinguono i figli di Dio dai figli del diavolo: chi non pratica la giustizia non è da Dio, né lo è chi non ama il suo fratello. Poiché questo è il messaggio che avete udito fin da principio: che ci amiamo gli uni gli altri. Non come Caino, che era dal maligno e uccise il suo fratello. E per qual motivo l'uccise? Perché le opere sue erano malvagie, mentre quelle di suo fratello eran giuste» (1 Gv 3, 10-12).
Punti di meditazione
«Il Signore Gesù è detto agnello perché la sua volontà di bene, con cui ha di nuovo reso propizio Dio agli uomini e ha dato l’indulgenza ai peccatori, è stata per il genere umano come l’offerta immacolata e innocente di un agnello. Sono cessate perciò tutte le altre vittime: questa vittima fu tale che bastò essa sola per la salvezza di tutto il mondo» [12]. Il Signore Gesù, tuttavia, attua la sua mediazione coinvolgendo altri uomini, i quali sono rappresentati negli altri animali, oltre all’agnello, adatti per il sacrificio. «Quando uno dei santi profeti e apostoli intercede per i peccati degli uomini in modo più ardente, può essere considerato come un ariete o un vitello offerti in sacrificio per impetrare la purificazione del popolo. Paolo non sembra forse un ariete offerto per il popolo quando dice: vorrei essere io stesso anatema, separato da Cristo, per i miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne (Rm 9, 3)?» [13].
Le conseguenze del misfatto
9 Allora il Signore disse a Caino: «Dov'è Abele, tuo fratello?». Egli rispose: «Non lo so. Sono forse il guardiano di mio fratello?». 10 Riprese: «Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo! 11 Ora sii maledetto lungi da quel suolo che per opera della tua mano ha bevuto il sangue di tuo fratello. 12 Quando lavorerai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti: ramingo e fuggiasco sarai sulla terra».
«Dov'è Abele, tuo fratello?». «Dio si mostra di una bontà unica poiché si degna di dialogare con colui che aveva commesso un delitto così grave. Noi cominciamo a detestare anche un parente qualora sia colpevole. È giusto che agisca così perché Egli è come un medico e un padre amoroso. Finge di non sapere e formulando quest’interrogativo vuole preparare l’assassino e indurlo alla confessione del misfatto » [14].
«Chi odia il peccato quanto i santi? Tuttavia non odiano il peccatore, non lo condannano ma ne hanno compassione, lo curano come un membro malato: fanno di tutto per salvarlo. I pescatori, quando prendono un grosso pesce, se si accorgono che si agita, non lo tirano subito con violenza, ma gli danno corda abilmente e lo lasciano andare dove vuole; quando poi capiscono che non ce la fa più e ha cessato di dibattersi, allora piano piano cominciano a tirarlo indietro. Allo stesso modo fanno anche i santi: con la pazienza e con l’amore attirano il fratello e non lo cacciano via a calci né se ne disgustano» 76.
Egli rispose: «Non lo so. Sono forse il custode di mio fratello?». Caino diede una risposta impudente. Nasconde il misfatto e conferma l’ostilità e la noncuranza verso il fratello. «Pensi forse di parlare ad un uomo che puoi ingannare? Non hai capito chi sia Colui che ti parla? Non t’accorgi che t’interroga mosso da grande bontà, che desidera trovare un’occasione per dimostrati la sua longanimità? Non sai che, frustrato questo tentativo, non hai alcuna possibilità di sottrarti alla punizione?» [15]. «Hai peccato? Vieni in chiesa a di’ a Dio: ho peccato. In questo non c’è fatica, non c’è bisogno di giri di parole, né di sforzo pecuniario. Pronuncia la parola che mostra i tuoi retti sentimenti sulle colpe commesse. Come può avvenire - obietterai - che io sia prosciolto dal peccato solo con il manifestarlo spontaneamente? Lo dice espressamente la Scrittura: chi l’ha manifestato è stato prosciolto ma chi l’ha nascosto, ha ricevuto la condanna» [16].
La voce del sangue di tuo fratello grida fino a me. «Dio ode i suoi giusti poiché vivono in Lui. Sono considerati viventi perché, anche se hanno subito la morte del corpo, godono della luce eterna. Il Signore ascolta anche il sangue dei giusti, ma allontana da sé le preghiere degli empi; questi sembrano vivere ma portano attorno la loro carne come una tomba, in cui hanno seppellito la loro anima infelice»[17] . «L'origine d’ogni turbamento sta nel fatto che non rimproveriamo noi stessi: per questo proviamo un forte abbattimento, per questo non troviamo mai riposo. In verità, se pure l'uomo facesse diecimila atti di virtù ma non tenesse questa strada, non cesserà mai di affliggersi e di perdere tutte quante le sue fatiche» [18].
Maledetto lungi da quel suolo… «Dio, dopo averlo rimproverato, gli inflisse la condanna: non tanto perché aveva ucciso, quanto perché non mostrava di riconoscere l’infamia commessa» [19].
13 Disse Caino al Signore: «Troppo grande è la mia colpa per ottenere perdono! 14 Ecco, tu mi scacci oggi da questo suolo e io mi dovrò nascondere lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunque mi incontrerà mi potrà uccidere». 15 Ma il Signore gli disse: «Però chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!». Il Signore impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l'avesse incontrato. 16 Caino si allontanò dal Signore e abitò nel paese di Nod, ad oriente di Eden.
Gravato dal peso della pena che gli è stata inflitta da Dio, Caino confessa la sua colpa. È paura o vero pentimento? Di fatto egli chiede subito una mitigazione della pena.
Sarò ramingo e fuggiasco. «Dio relegò Caino come nell’esilio di un’abitazione separata, perché era passato dall’umana mitezza alla ferocia belluina. Non volle tuttavia punire l’omicida con un omicidio, poiché vuole il pentimento del peccatore più che la sua morte. Non volle eliminare colui il quale, fino a che fosse giunto al termine naturale della morte, aveva la possibilità di pentirsi» [20].
Chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte! Il Signore garantisce la dignità di ogni uomo, anche se malvagio. Nessun uomo può pretendere di sostituirsi a Lui e di diventare giudice di un altro uomo. «L’uomo punisce per mandare in rovina, ma Dio castiga soltanto per correggere. Alcuni intendono la crudeltà come giustizia, e, secondo loro, la somma offesa è massimo diritto; la mia legge e la mia giustizia, invece, consistono nel salvare gli uomini che sono stati corretti» [21].
Il Signore pose su Caino un segno. «Con il segno, Dio volle richiamare Caino e indurlo a pentirsi con il ricordo costante di tale beneficio. Noi, infatti, ci affidiamo più facilmente a coloro che c’assicurano del loro amore» [22].
Caino si allontanò dal Signore. «Se qualcuno sta con fiducia davanti al Signore e non fugge dal suo volto e non evita il suo sguardo per la coscienza del peccato, come invece fece Caino, costui offre un sacrificio davanti al Signore» [23]. «Maledetto l’uomo che allontana il suo cuore dal Signore. Sarà come un tamerisco nella steppa; dimorerà in luoghi aridi nel deserto, in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere» (Ger 17,6).


[1] Giovanni Crisostomo, In Genesim homiliae, XVIII, 4.
[2] Giovanni Crisostomo, In Genesim homiliae, XVIII, 4.
[3] Giovanni Crisostomo, In Genesim homiliae, XVIII, 4.
[4] Cromazio d’Aquileia, Sermoni, 23, 3.
[5] Giovanni Crisostomo, In Genesim homiliae, XVIII, 4.
[6] Ambrogio, Caino e Abele, II, 6, 22.
[7] Origene, Omelie sui Numeri, VIII,1.
[8] Origene, Omelie sui Numeri, X, 1.
[9] Giovanni Crisostomo, In Genesim homiliae, XIX,1.
[10] Giovanni Crisostomo, In Genesim homiliae, XIX,1.
[11] Cromazio d’Aquileia, Sermoni, 23, 2.
[12] Origene, Omelie sui Numeri, XXIV, 1 [CTP 329. 331]
[13] Origene, Omelie sui Numeri, XXIV, 1.
[14] Giovanni Crisostomo, In Genesim homiliae, XIX, 2.
[15] Giovanni Crisostomo, In Genesim homiliae, XIX, 3,2.
[16] Giovanni Crisostomo, Omelia II, 1. CTP 22, 98.
[17] Ambrogio, Caino e Abele, II, 9, 31.
[19] Giovanni Crisostomo, Omelia II, 1. CTP 22, 99.
[20] Ambrogio, Caino e Abele, II, 10, 38.
[21] Girolamo, Commento a Osea, III, 11, 8-9.
[22] Ambrogio, Caino e Abele, II, 10, 35.
[23] Origene, Omelie sul Levitino, V, 3.

sabato 28 maggio 2011

GENESI (1)


Premessa

La prima parte della Genesi (1-11), espone avvenimenti che manifestano le qualità tipiche del Dio liberatore: la creazione quale grandiosa potenza a servizio di un progetto di straordinaria misericordia. La seconda parte (12-50), presenta la storia dei patriarchi. Essa ha lo scopo di ricordare come il Dio che legherà a sé un popolo mediante un patto al Sinai, è stato il Signore ha già mantenuto la sua parola e la sua promessa ai Padri (Abramo, Isacco e Giacobbe). Tutta la speranza d’Israele deve essere riposta nella fedeltà di Dio, una fedeltà misericordiosa e tenace, sapiente e imprevedibile.

Ritorniamo al nucleo dei capitoli 11-11, che c’interessa al presente. In questo quadro sono affrontati «i grandi enigmi dell’esistenza: origini dell’universo e dell’uomo, quale sia il giusto rapporto dell’uomo con Dio, il problema del bene e del male, del dolore, della morte, la crescita dell’umanità e il suo differenziarsi nello scorrere del tempo»[1]. Questi quesiti non sono affrontati mediante riflessioni teoriche ma per mezzo di racconti.

Vediamo i punti principali del messaggio annunciato: 1. Dio crea e promuove la crescita dell’uomo (racconto della creazione e alberi genealogici). 2. L’uomo è costituito in vista dell’amicizia e dell’alleanza con Dio (è il significato più importante dell’uomo come immagine di Dio). 3. Questo progetto originario è guastato dal peccato dell’uomo. Il peccato è ricordato più volte: la disobbedienza dei progenitori, il fratricidio di Caino, la corruzione della società prima del diluvio, la costruzione imperialistica della torre di Babele. In questi racconti possiamo riconoscere le nostre colpe personali e quelle della società di cui facciamo parte. 4. Dio non abbandona l’uomo peccatore. Nella sventura risplende una misericordia sorprendente ed inattesa.

Il seguito della storia della salvezza ha testimoniato il compimento di questa prospettiva di speranza: la vittoria sul male è stata assicurata dalla venuta di Gesù. Egli venne a far parte della nostra umanità, prese su di sé e vinse il nostro male (Rm 8,3-4). Ci rese collaboratori nell’attuazione del suo Regno fino alla piena manifestazione e solo in questa creazione definitiva di Dio, trovano senso la creazione e l’intero corso della storia umana.

In Gesù Dio riprende il progetto che aveva pensato da principio e lo porta a compimento. Gesù è il punto culminante di una lunga storia che lo ha preceduto, è l’inizio di una nuova storia che riprende il progetto originario del Creatore: «Il Signore si è preso per sé le due lettere dell'alfabeto greco, la prima e l'ultima, due segni che designano il principio e la fine e convergono in lui, sicché, come l'a (Alfa) si svolge fino ad arrivare all'w (Omega), e, di nuovo, si ripiega dall'w fino all'a, così pure egli dimostra che in lui stesso c'è un decorso che dall'inizio volge fino alla fine, e un ricorso che dalla fine si riporta al principio. Tutto l'ordinamento della creazione ha il suo compimento in Colui per mezzo del quale ha avuto il suo principio. Ha avuto il suo inizio per mezzo del Verbo di Dio che si è fatto carne, e perciò ha avuto il suo termine per mezzo di lui... Tutto in Cristo è stato richiamato com’era all’inizio. Tutto l’uomo è riportato nel paradiso, dove s’era trovato fin dall’inizio» [2].

Il primo racconto della creazione

La Genesi raggiunse la sua forma attuale nei secoli V-IV a. C. e i primi destinatari del libro fu il popolo d’Israele, reduce dall’esilio. Varie tradizioni più antiche contribuirono alla sua formazione definitiva.

Il racconto della creazione in sette giorni, che è il primo dei due presenti nel libro della Genesi, è opera della tradizione sacerdotale, ossia di alcuni sacerdoti del tempio che l’hanno redatto nell’epoca dell’esilio a Babilonia. In primo luogo questo racconto vuole essere una celebrazione della grandezza di Dio mediante la contemplazione delle sue opere.

Come ha compreso in seguito Giovanni Crisostomo, gli uomini «attribuivano importanza soltanto ai beni terreni e non riuscivano neppure ad immaginare che potesse esistere qualcosa di spirituale. L’agiografo, perciò, li guida a scoprire il Creatore dell’universo e, dopo averlo conosciuto per mezzo delle cose create, avrebbero adorato l’Autore dell’universo. Non si sarebbero limitati a prestare interesse soltanto alle cose né avrebbero cercato di trovare in esse tutta la soddisfazione. Dopo aver appreso come tutta la realtà era venuta all’essere, non avrebbero più osato porre una creatura al posto di Dio o ad attribuire onori divini ad animali immondi» [3].

Qual è la verità essenziale e fondamentale che possiamo trarre da questo racconto? Tutta la realtà creata viene da un Dio trascendente e personale. L’evoluzione suppone sempre la creazione, cioè un rapporto di radicale dipendenza da Dio non solo agli inizi delle cose, ma anche nella loro conservazione. Nella prospettiva dell’evoluzione, la creazione si pone come un avvenimento che si estende nel tempo. L’evoluzione cosmica e l’evoluzione biologica si sviluppano secondo un disegno superiore. Corrispondono a un progetto di Dio, in qualunque modo si sia realizzato. L’uomo si presenta come il punto culminante del processo evolutivo.

Il racconto sembra svolgersi secondo quadri corrispondenti:

primo (luce) e quarto giorno (astri); [Cielo e Cielo]

secondo (acque superiori e inferiori) e quinto giorno (uccelli e pesci); [Cielo e Terra]

terzo (suolo asciutto) e sesto (animali e uomo); [Terra e Terra]

La creazione si svolge nel ciclo della settimana, per dare rilievo al riposo del Sabato. È significativo, poi, il quarto giorno, là dove gli astri vengono creati per consentire di fissare il calendario delle feste liturgiche, soprattutto la Pasqua.

Nella Pasqua del Signore Gesù avviene una nuova creazione: «Questo è il giorno fatto dal Signore (Sal 117,24), giorno ben diverso da quelli che furono stabiliti all'inizio della creazione del mondo e che si misurano col trascorrere del tempo. Questo giorno segna l'inizio di una nuova creazione poiché in questo giorno Dio crea un cielo nuovo e una terra nuova. In questo giorno è creato il vero uomo a immagine e somiglianza di Dio. Non deve divenire il tuo mondo questo inizio, questo giorno che ha fatto il Signore?» [4].

Seguiamo ora questa celebrazione della grandezza divina in modo più dettagliato.

Dal caos alla luce

La prima azione di Dio è quella di comunicare ordine e bellezza ad una massa caotica e informe. Il vento, immagine dello Spirito, è il primo segno della presenza di Dio.

In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque.

In principio. La riflessione cristiana mette in risalto il ruolo del Verbo di Dio nella costituzione del mondo: «Egli è principio» (Col 1,18). «Qual è il principio di tutte le cose, se non il nostro Signore e salvatore di tutti, Cristo Gesù, il Primogenito di tutta la creazione?» [5]. Che cosa significa il termine in principio? «All'inizio del tempo o prima di tutte le cose oppure nel Principio, ossia nel Verbo di Dio, suo unico Figlio?» [6].

I cristiani hanno parlato di Gesù come implicato nella creazione e nella conservazione del mondo (Eb 1,1-2). Riconoscevano che Gesù aveva donato loro la nuova creazione della vita nella grazia per mezzo della sua morte e risurrezione, insieme con la venuta dello Spirito Santo (2 Cor 5,17; Gal 6,15). La stessa Forza creatrice di Dio, che si rivelò come il principio della nuova creazione, si era già fatta conoscere all'origine, nella creazione del mondo.

La terra era informe. La massa confusa diventa ordinata e bella. Ciò avviene anche per tutti noi. Lontani da Dio, siamo tenebrosi e inquieti ma rivolgendoci al Signore, diventiamo pacificati e belli: «La materia informe è la nostra vita spirituale, come può essere in sé prima di volgersi verso Dio, ma, grazie a questo suo volgersi verso il Creatore, essa è formata e resa perfetta. Rimane, invece, informe se non si volge verso di Lui» [7]. «Dal caos di tenebre e abisso, da lì fu estratto l’uomo peccatore. Se ne ricorda, chi per grazia è stato posto come nuova creatura in Cristo in un mondo nuovo e canta: dagli abissi mi hai fatto risalire (Sal 70,20)» [8].

Lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. L’immagine del vento annuncia l’azione creatrice e vivificante di Dio. «Lo Spirito di Dio si portava al di sopra della materia, poiché tutto ciò a cui avrebbe cominciato a dar forma e perfezione soggiaceva alla volontà buona del Creatore. L'essere creato sarebbe stato nel beneplacito di Dio, sarebbe continuato a piacergli. È buono ciò ch'è piaciuto a Dio» [9]. «Aleggiava sulle acque: si offriva a tutti, si manifestava a tutti, facendo il bene e provvedendo a quello che era utile» [10]. Lo Spirito di Dio crea ogni bene in noi e ci rende graditi a Dio Padre.

Risplende la luce

Con l’apparizione della luce si rende possibile il primo passaggio dalla notte al giorno: per primo Dio crea il tempo. L’autore, seguendo l’uso del calendario lunare, computa il giorno a partire dal tramonto. La tenebra, poi, è ordinata ma non distrutta.

Il tempo è molto rilevante nella Bibbia. Dio si rivela nel corso della storia: «Io dal principio annuncio la fine e, molto prima, quanto non è ancora stato compiuto; sono colui che dice: Il mio progetto resta valido, io compirò ogni mia volontà» (Is 46,10). «Io formo la luce e creo le tenebre, faccio il bene e provoco la sciagura; io, il Signore, compio tutto questo» (Is 45,7). In altre parole, Egli è presente in ogni situazione e nulla sfugge al suo volere.

Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu. Dio vide che era cosa buona e Dio separò la luce dalle tenebre. Dio chiamò la luce giorno, mentre chiamò le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: giorno primo.

Dio disse: «Sia la luce!». La luce è il segno della realtà di Dio, perché «Egli abita una luce inaccessibile; nessuno fra gli uomini l’ha mai visto né può vederlo (1 Tm 6,16)». «L’evangelista Giovanni, dopo aver detto in principio era il Verbo, subito aggiunge Egli era la vera luce che illumina ogni uomo (Gv 1,9). La luce, creata per comando divino, prevalse sulla tenebra. In seguito, la Luce di Cristo, allontanò le tenebre dell’errore e condusse per mano verso la verità gli uomini erranti» [11]. «Chi non ha mai visto la luce, non ha mai potuto riconoscere le tenebre» [12].

E fu sera e fu mattina: giorno primo. In ebraico: giorno uno (yom ehad). «Noi preghiamo in piedi, il primo giorno dopo il sabato, non soltanto perché ci ricordiamo della risurrezione ma perché quel giorno sembra essere immagine dell’eternità futura. Questo giorno da Mosè fu chiamato uno, come se esso desse inizio più volte al medesimo ciclo. Questo stesso unico giorno è anche l’ottavo poiché significa in sé quel giorno realmente unico, quando ci sarà la reintegrazione del creato che seguirà a questo tempo, il giorno eterno senza sera e senza domani» [13].

«Un tempo la notte seguiva il giorno, dato che l'uomo, incorrendo nel peccato, era caduto dalla luce nelle tenebre di questo mondo; a ragione ora il giorno segue la notte, dato che per la fede nella risurrezione siamo ricondotti dalle tenebre del peccato alla luce della vita. Dobbiamo perciò essere solleciti che neppure una particella si oscuri nel nostro cuore» [14].

Punto di meditazione

«Il Verbo, Figlio di Dio, non ha una vita informe, poiché per lui il vivere è anche lo stesso che vivere nella sapienza e nella felicità. La creatura, al contrario, può avere una vita informe, qualora, allontanatasi dall'immutabile Sapienza, viva nella miseria. Riceve la sua forma quando si volge verso la luce del Verbo di Dio. Questi, con la voce misteriosa della sua ispirazione, non cessa mai di parlare alla creatura, perché si volga verso di Lui dal quale ha l'essere, poiché in altro modo non potrebbe ricevere la forma e la perfezione» [15].

Il firmamento

Dio separa acque superiori da quelle inferiori ponendo tra di esse una volta di cristallo (raqia), tradotto con firmamento. L’azione principale di Dio è quella di separare. In altre parole, la sua parola garantisce tutte le distinzioni e fonda la differenza d’ogni realtà. Nel contempo pone ogni creatura in una rete di relazioni in cui ognuna trova il proprio posto, la propria utilità e la propria fecondità. Il dispiegamento di tanta potenza, tuttavia, non distrugge nulla, neppure elementi del caos che potrebbero essere giudicati come negativi. Non distrugge la tenebra, non annienta le acque primordiali. Dio domina senza distruggere, senza fare violenza.

Dio disse: «Sia un firmamento in mezzo alle acque per separare le acque dalle acque». Dio fece il firmamento e separò le acque che sono sotto il firmamento dalle acque che sono sopra il firmamento. E così avvenne. Dio chiamò il firmamento cielo. E fu sera e fu mattina: secondo giorno.

Dio disse. Il dire di Dio Padre, il suo parlare corrisponde alla Parola, al suo Figlio di Gesù, che è fonte e modello d’ogni creatura. «La Scrittura, prima d'indicare ciascuna creatura, si riferisce al Verbo di Dio dicendo: Dio disse. La ragione per cui ogni cosa era creata si trova nel Verbo di Dio. Egli infatti ha generato un unico Verbo, mediante il quale ha detto tutte le cose prima che fosse creata ciascuna di esse» [16]. «O Dio, ogni creatura di fronte a te non era di là da venire, perché nel tuo Verbo c’era la vita. La vita esisteva già in lui così come sarebbe stata» [17].

La Parola di Dio appare una forza potente ed efficace, è creatrice di novità, agisce nel credente in modo efficace (cfr. Sal 33, 8-9). «Sia fatto, dice. È il tono di chi ordina, non di chi valuta: comanda alla natura, non si sottomette a limiti imposti. La sua volontà è misura delle cose, la sua parola segna il fine dell’opera» [18]. La Parola di Dio manifesta la sua forza nel chiamare alla fede e nel sostenere la debolezza degli uomini: «Che cos’è impossibile a Colui che diede forza ai deboli, così che un debole dice: tutto posso in colui che mi dà forza? (Fil 4,13)» [19].

La separazione delle acque, il riordino del caos richiama le future azioni salvifiche: Dio separa le acque sia al momento del passaggio del Mar Rosso (Es 14, 21) sia al transito al fiume Giordano (Gs 3,16), creando un ordine nella situazione caotica della schiavitù in Egitto: «Così dice il Signore, che aprì una strada nel mare e un sentiero in mezzo ad acque possenti…. Ecco io faccio una cosa nuova, proprio ora germoglia, non vi accorgete?» (Is 43, 16.19; cf Es 14,21).

Emerge la terra, ricca di germogli

Il terzo giorno Dio separa la terra dal mare. Con l’emergere dell’asciutto comincia la descrizione della costituzione della terra, in due fasi: apparizione del suolo e germinazione dei vegetali.

Dio disse: «Le acque che sono sotto il cielo si raccolgano in un solo luogo e appaia l’asciutto. E così avvenne. Dio chiamò l’asciutto terra, e la massa delle acque mare. E Dio vide che era cosa buona (9-10). Dio disse: «La terra produca germogli, erbe che producono seme, alberi da frutto, che facciano sulla terra frutto con il seme, ciascuno secondo la sua specie». E così avvenne. Dio vide che era cosa buona. E fu sera e fu mattina: terzo giorno (11-13).

Dio vide che era cosa buona. «Dio vide per me, approvò per me la bontà della creazione. Non considerare difettoso ciò che Dio ha approvato. Non dire impuro ciò che Dio ha purificato (At 10,5). Nessuno biasimi il bene operato da Dio» [20].

La terra produca germogli. «Dio non ha cessato di dar prova di sé beneficando, concedendovi dal cielo piogge per stagioni ricche di frutti e dandovi cibo in abbondanza per la letizia dei vostri cuori (At 14,17)». «Tutto è stato fatto grazie alla parola di Dio. La fatica e le altre iniziative per coltivare il suolo, non bastano a produrre i frutti, ma prima di tutto [è necessario] l’apporto della parola di Dio. Tutto l’impegno umano non basta. Abbiamo bisogno dell’intervento divino che completi queste attività» [21]. «Tutto ciò che i campi producono, ci viene elargito con larghezza dalla provvidenza divina, che sostiene 1e incerte fatiche degli agricoltori. Quindi è dovere di carità e di giustizia che anche noi aiutiamo gli altri con quegli stessi doni che il Padre celeste ci ha elargiti con tanta misericordia» [22].

«L’erba corrisponde alla sua specie, tu non corrispondi alla tua. Germogli la terra. Disse, e subito la terra si riempì di virgulti nascenti. All’uomo si dice: Ama il Signore tuo Dio; ma l’amore di Dio non penetra in tutti i cuori. Il cuore dell’uomo è più insensibile del macigno» [23].

Creazione degli astri

Dio, dopo aver creato il mondo nella sua struttura costitutiva, lo abbellisce e completa. Il quarto giorno corrisponde al primo (quando è avvenuta la creazione della luce) e prevede la costituzione degli astri. Sole e luna non ricevono un nome specifico ma di loro si parla in modo generico: sono luci. Declassandoli in questo modo, l’agiografo vuole opporsi al culto degli astri e porre in evidenza l’utilità dei cicli solari e lunari per la costituzione del calendario.

[14] Dio disse: "Ci siano luci nel firmamento del cielo, per distinguere il giorno dalla notte; servano da segni per le stagioni, per i giorni e per gli anni [15] e servano da luci nel firmamento del cielo per illuminare la terra". E così avvenne: [16] Dio fece le due luci grandi, la luce maggiore per regolare il giorno e la luce minore per regolare la notte, e le stelle. [17] Dio le pose nel firmamento del cielo per illuminare la terra [18] e per regolare giorno e notte e per separare la luce dalle tenebre. E Dio vide che era cosa buona. [19] E fu sera e fu mattina: quarto giorno.

Ci siano luci… «Ammirando con stupore il sole, i popoli non riuscirono a elevarsi più in alto per venerare il Creatore. Fermandosi a questa creatura, lo considerarono un dio. La Scrittura, prevedendo l’errore a cui erano propensi gli uomini, dice che quest’astro fu creato dopo il terzo giorno, quando ormai la terra aveva già offerto tutti i doni che erano nelle sue possibilità» [24].

Siano segni per le feste, per i giorni… «La Scrittura non parla di segni che sono vanità [come gli oroscopi]; parla di segni utili e necessari per l'esigenze di questa vita, come quelli che sono osservati dai marinai per governare le loro navi o che sono esaminati da esperti per prevedere le condizioni atmosferiche» [25]. Il cristianesimo ha combattuto le dottrine astrologiche che tentavano di fissare il destino degli uomini oscurando l’uso del libero arbitrio: «Per quanto riguarda il destino [degli uomini] dobbiamo respingere, per preservare l'integrità della nostra fede, le presunte osservazioni scientifiche desunte dall'astrologia. Nel caso d’azioni cattive, c'inducono ad accusare Dio, creatore delle costellazioni, anziché l'uomo, autore delle azioni scellerate» [26].

Altre riflessioni sugli astri: «Come la luna è la Chiesa. Essa rifulge non della propria luce, ma di quella di Cristo e prende il proprio splendore dal Sole di giustizia, così che può dire: Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me (Gal 2,20)» [27]. «Dice il Signore: Io ho acceso gli astri; tu, accendine di più splendidi. Lo puoi; illumina chi versa nell’errore. Tu non puoi creare l’uomo, ma puoi contribuire a renderlo giusto e gradito a Dio. Io ho fatto la sostanza, a te il compito di abbellire il mio progetto» [28]. «Una stella è diversa dall’altra per lo splendore: uno illumina con le parole di sapienza per presiedere al giorno, l’altro con parole di scienza per presiedere alla notte; altri, infine, hanno grazie minori per svolgere il ministero che indica segni e tempi (cf 1 Cor 15,41.12,8)» [29].

Creazione dei pesci e degli uccelli

Nel quinto giorno (corrispondente al secondo dove avevamo contemplato la separazione tra le acque inferiori e quelle superiori), Dio crea gli uccelli e i pesci, ossia creature che adornano i due elementi già separati. I mostri marini, animali esistenti e terrificanti per gli antichi, sono soltanto creature come le altre e Dio li governa con facilità.

Dio disse: «Le acque brulichino d’esseri viventi e uccelli volino sopra la terra, davanti al firmamento del cielo». Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri viventi che guizzano nelle acque. Dio li benedisse: «Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari; gli uccelli si moltiplicano sulla terra». E fu sera e fu mattina: quinto giorno (20-23).

«Dal nostro cuore, come da acque, emergono pensieri buoni e cattivi. Portiamoli, gli uni e gli altri, al cospetto e al giudizio di Dio, affinché, illuminati da lui, possiamo discernere il bene dal male, cioè separiamo da noi le cose che strisciano sulla terra e arrecano sollecitudini terrene; le cose migliori, cioè i volatili, lasciamoli volare lungo il firmamento del cielo» [30].

Creazione degli animali e dell’uomo

Il sesto giorno Dio crea gli animali terrestri e l’uomo. Essi ricevono la stessa benedizione e sono entrambi sessuati. La componente animale appartiene anche all’uomo. A differenza dell’animale, però, questi viene costituito ad immagine di Dio. Per attuare in verità questa possibilità, l’umanità deve assumere l’animalità interiore e dominarla. L’individuo e la collettività sono colmi di forze vive, buone come potenzialità ma spesso esse sono lasciate in disordine.

Dio disse: «La terra produca essere viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e animali selvatici secondo la loro specie». E così avvenne. Dio vide che era cosa buona (24-25).

Spesso il mondo degli animali viene evocato per parlare dell’uomo: 1 Sm 24,15: Davide come una pulce; Sal 22,13.17.22: i nemici colmi d’odio sono come tori, come cani…; Sal 32,9: gli increduli come cavallo e mulo; Sal 102,7.8: l’orante angosciato come civetta e gufo e passero; Mt 10,16: i discepoli come pecore tra i lupi; Lc 13,32: Erode è una volpe; Gv 10,14: i discepoli sono pecore. Ap 12,3: il drago demoniaco; Ap 13,1: la bestia dalla terra.

Dio disse: «Facciamo l’uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra. E Dio creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò; maschio e femminina li creò.

Nelle civiltà antiche, solo il re era considerato un rappresentante delle divinità. La sua effige, diffusa nel territorio del regno, lo rievocava come se egli fosse stato davvero presente. Nella Bibbia, invece, ogni uomo rappresenta Dio; anzi soltanto lui può raffigurarlo e ne costituisce la vera effigie. Non possono pretendere questa funzione le immagini di pietra o di legno, usate nei culti idolatrici.

Facciamo l’uomo… La creazione dell’uomo è preceduta da una deliberazione divina e non avviene soltanto attraverso un comando come negli altri interventi precedenti. «Tutte le cose vennero alla nascita con una sola parola. Nel creare l’uomo, invece, Dio procede con ponderatezza, rende simile la sua forma alla bellezza di un archetipo, stabilisce il fine in grazia del quale è creato, gli costruisce una natura corrispondente» [31]. È creato per ultimo come vertice di tutto: «Un buon maestro di casa non fa entrare l’invitato prima di aver preparato i cibi; nello stesso modo Dio introduce l’uomo dandogli il godimento dei beni presenti» [32].

A nostra immagine, secondo la nostra somiglianza. «Chi è edotto nei misteri divini sa bene che è conforme alla natura dell’uomo quella vita che è conforme alla natura divina» [33].

Cristo «è immagine del Dio invisibile (Col 1,15»; «è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza (Eb 1,3». «L’immagine di Dio è solo Cristo che ha detto: Io e il Padre siamo una cosa sola (Gv 10,30)» [34]. «Il nostro Salvatore è l’immagine di Dio a somiglianza della quale è stato fatto l’uomo. Guardiamo sempre quest’immagine di Dio per poter essere trasformati a sua somiglianza» [35]. «In quale senso l’uomo sia stato fatto ad immagine di Dio, lo chiarisce l’apostolo Paolo quando ci esorta a recuperare in noi, con l’aiuto del nostro Creatore, ciò che abbiamo perduto nel nostro progenitore: Dovete rinnovarvi nello spirito della vostra mente e rivestire l'uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera (Ef 4,23-24) [36]. Santità di vita e carità sono i contrassegni dell’immagine: «Dio è carità. Egli ha fatto nostro anche questo suo carattere. Se, però, in te non c’è l’amore si altera tutto il carattere dell’immagine» [37].

Dio creò l’uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò; maschio e femminina li creò.

L’uomo come immagine è relazione. È in relazione con Dio, creato per entrare in dialogo con Lui. Non solo. Egli deve dialogare con i suoi simili. Vivere il nostro essere a immagine significa diventare capaci di relazioni autentiche e profonde. Il rapporto maschio e femmina costituisce la diversità primaria esistente al mondo; la primo e più profonda occasione di dialogo.

Il rispetto per i poveri è fondato pure su questa comune grande dignità: «Vedi uomini girovagare come pecore disperse in cerca di cibo; degli stracci avvoltolati intorno al corpo. Com’è possibile non pensare a chi si trova in una situazione del genere? È un uomo fatto ad immagine di Dio» [38].

28. Dio li benedisse e disse loro: «Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela, dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra».

Dominate … su ogni essere vivente. L’uomo domina il creato non come un despota ma come uno che imita la bontà divina: «L’uomo, poiché era creato per il governo delle altre creature a imitazione del Re di tutto, fu fatto come sua immagine vivente. Non è ornato di porpora ma è rivestito di virtù che è il più regale di tutti gli ornamenti» [39].

Per attuarsi a immagine di Dio, egli deve assumere l’umanità interiore e dominarla: «Comanda o Creatore che io sia un uomo razionale, come all’inizio, provvisto del potere sulla mia terra: che il mio corpo sia sottomesso allo spirito, e lo spirito a te. Non pentirti della dignità che mi hai conferita, affinché io possa dominare sulle bestie della mia terra, cioè sugli impulsi violenti e sfrenati delle passioni; e anche sui rettili dei pensieri che strisciano sul terreno» [40].

29. Dio disse: «Ecco io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo. A tutti gli animali selvatici, a tutti gli uccelli del cielo, io do in cibo ogni erba verde». E così avvenne.

L’alimentazione vegetariana vuole escludere rapporti violenti tra uomo e animali. «Dio diede la precedenza al cibo naturale [vegetariano] rispetto agli altri cibi. È questo un cibo salubre perché tiene lontane le malattie ed elimina le digestioni difficili; un cibo ottenuto dagli uomini senza fatica, ma offerto in abbondanza per dono divino» [41]. «Quando prendiamo i cibi, non facciamo nulla in contrasto con la regola della sapienza, secondo la quale tutte le cose sono buone. Astenersi però da alimenti saporiti e abbondanti ci fa progredire. Se non gusteremo la dolcezza di Dio, non riusciremo a rinunciare alle dolcezze della vita» [42].

Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto giorno

Il giudizio di bontà è indirizzato verso l’intera creazione. L’intero creato raggiunge il culmine nella propria bontà nell’incarnazione del Verbo e nella partecipazione alla sua risurrezione: «Vederle molto buone equivaleva a farle molto buone nel Verbo, suo Figlio. Guardandole comunicò loro l’essere e i doni naturali, ma con la sola immagine del Figlio le lasciò [in seguito] rivestite di bellezza, partecipando loro l’essere soprannaturale. Questo avvenne quando egli si fece uomo, innalzando l’uomo alla bellezza di Dio, e di conseguenza innalzandolo in lui tutte le creature, perché si è unito alla natura di tutte le cose nell’uomo. Nella glorificazione dell’incarnazione di suo Figlio e della sua risurrezione secondo la carne, il Padre non solo abbellì le creature, ma potremmo dire che le rivestì completamente di bellezza e di dignità» [43].

Il riposo del Sabato

2.1. Così furono portati a compimento il cielo e la terra e tutte le loro schiere. Dio, nel settimo giorno, portò a compimento il lavoro che aveva fatto e cessò nel settimo giorno da ogni lavoro che aveva fatto. Dio benedisse il settimo giorno e lo consacrò, perché in esso aveva cessato da ogni lavoro che egli aveva fatto creando. Queste sono le origini del cielo e della terra, quando vennero creati.

Dio cessò dal lavoro che aveva fatto. «Dio si riposò da tutte le sue opere, poiché è lui stesso il suo bene e fonte della propria felicità e non le sue opere» [44]. « Com’è giusto dire che è Dio a fare tutto ciò che di bene facciamo noi, in virtù della sua azione in noi, così è giusto dire che Dio si riposa quando siamo noi a riposarci per suo dono. Dio offrirà agli uomini il riposo in se stesso, dopo che saranno perfezionati dal dono dello Spirito Santo. » [45].

«Gesù Signore riposò nel sepolcro il giorno di sabato dopo che nel sesto giorno, aveva concluso tutte le sue opere. Questa infatti è la parola usata da lui quando disse: Tutto è compiuto; e chinato il capo spirò (Gv 19,30)» [46].

«Vediamo che Dio opera sempre. Non c’è Sabato nel quale non faccia sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi e faccia piovere sui giusti e sugli ingiusti (Mt 5,45). Il Signore dice: il Padre mio opera fino a ora e anch’io opero (Gv 5,17). Il Sabato vero, nel quale Dio riposerà da tutte le sue opere, sarà il secolo futuro; allora fuggiranno dolore e gemito e sarà tutto in tutti (cf. Is 35,10. 1 Cor 15,28)» [47].

«Santificherai il primo giorno della settimana, la domenica, perché consacrato al Signore che in esso è risuscitato. Non farai alcun lavoro di questa vita. Frequenterai il tempio di Dio e prenderai il santo corpo e sangue di Cristo. Rinnoverai te stesso preparandoti ad accogliere i beni futuri ed eterni» [48].

Punti di meditazione

Nell’evolversi degli avvenimenti lungo la storia sacra, Dio rinnoverà altri atti creativi, prima nell’atto della redenzione e poi alla conclusione finale di tutto il percorso storico: «In principio, in modo mirabile, Dio creò dal nulla questo mondo; nella pienezza del tempo, poi, in modo ancora più mirabile, da un mondo che era diventato vecchio, ne creò un nuovo. Tutto si sviluppa a partire dall’inizio. Tutte le cose di prima, nell’antica alleanza, sono figure che cominciano a essere svelate ora. Queste, a loro volta, preannunciano le cose a venire (Eb 9,24)» [49].

L’uomo, se conserva la somiglianza con l’Archetipo, porta tale onore in modo adeguato, ma se si allontana dal Signore che deve imitare, sbiadisce il suo essere a immagine: «Spesso la nostra miseria umana fa disconoscere il dono divino; la passione della carne ricopre la bellezza dell’immagine come un’orrida maschera. Gli uomini retti nei quali non è oscurata la bellezza originaria consolidano la fede dei credenti che affermano che l’uomo è a immagine di Dio» [50]. «Nessuno disperi di poter di nuovo ricuperare la forma dell’immagine di Dio, poiché il Salvatore non è venuto a chiamare a penitenza i giusti, ma i peccatori (Mt 9,13)» [51].

«Creò il cielo, e non leggo che allora Dio si sia riposato; creò la terra, e non leggo che si sia riposato; creò il sole, la luna, le stelle, e non leggo che nemmeno allora si sia riposato; ma leggo che ha creato l’uomo e che a questo punto si è riposato, avendo un essere a cui rimettere i peccati» .[52]



[1] Nuova Bibbia CEI 2008 p. 19

[2] Tertulliano, L’unicità delle nozze, V, 2.

[3] Giovanni Crisostomo, In Genesim homiliae, II, 2.

[4] Gregorio di Nissa, Discorsi, Sulla resurrezione di Cristo, 1.

[5] Origene, Omelie sulla Genesi, I, 1.

[6] Agostino, Genesi alla lettera, I, 1.2.

[7] Agostino, Genesi alla lettera, I, 1.2.

[8] Isacco della Stella, Sermoni, 54, 15-16.

[9] Agostino, Genesi alla lettera, I, 5.11.

[10] Guglielmo di Saint-Thierry, Preghiere meditate, I, 10.

[11] Giovanni Crisostomo, In Genesim homiliae, III, 2.

[12] Isacco della Stella, Sermoni, 1, 2.

[13] Basilio, Lo Spirito Santo, XXVII, 66.

[14] Beda il Venerabile, Omelie sul Vangelo, II, 7, p. 325.

[15] Agostino, Genesi alla lettera, I, 5.10.

[16] Agostino, Genesi alla lettera, I, 6, 12.13.

[17] Guglielmo di Saint-Thierry, Preghiere meditate, I, 8.

[18] Ambrogio, Esamerone, III, 2, 4.

[19] Ambrogio, Esamerone, III, 3, 11.

[20] Ambrogio, Esamerone, III, 5, 20.

[21] Giovanni Crisostomo, In Genesim homiliae, V, 4.

[22] Leone Magno, Discorsi, 16, 1-2.

[23] Ambrogio, Esamerone, V, 7, 31 e V, 17, 70.

[24] Giovanni Crisostomo, In Genesim homiliae, VI, 4.

[25] Agostino, Genesi alla lettera, II, 14.29

[26] Agostino, Genesi alla lettera, II, 17.35

[27] Ambrogio, Esamerone, VI, 8, 32.

[28] Giovanni Crisostomo, Commento alla prima lettera a Timoteo, XV, 4.

[29] Isacco della Stella, Sermoni, 54, 6.

[30] Origene, Omelie sulla Genesi, I, 8.

[31] Gregorio di Nissa, L’uomo, 3.

[32] Gregorio di Nissa, L’uomo, 2.

[33] Omelie sull’Ecclesiaste, 1, 47.

[34] Ambrogio, Esamerone, IX, 7.

[35] Origene, Omelie sulla Genesi, I, 13.

[36] Beda, In Genesim, I, I, 26 (758-763).

[37] Gregorio di Nissa, L’uomo, 5.

[38] Gregorio di Nissa, Omelie sull’amore per i poveri, 2, 5 in Il volto del nostro Salvatore, Qiqaion, Magnano 2006, p. 31.

[39] Gregorio di Nissa, L’uomo, 4 e 5.

[40] Guglielmo di Saint-Thierry, Preghiere meditate, IV, 11.

[41] Ambrogio, Esamerone, V, 7, 28.

[42] Diadoco di Foticea, Cento capitoli, 44.

[43] Giovanni della Croce, Cantico spirituale B, 5, 4.

[44] Agostino, Genesi alla lettera, 17.29.

[45] Agostino, Genesi alla lettera, 8.16.

[46] Agostino, Genesi alla lettera, 11.21.

[47] Origene, Omelie sui Numeri, XXIII, 4.

[48] Gregorio Palamas, Decalogo della legislazione, in La Filocalia 4, pp. 43-44.

[49] Isacco della Stella, Sermone 54, 1.

[50] Gregorio di Nissa, L’uomo, 16 e 18.

[51] Origene, Omelie sulla Genesi, I, 13.

[52] Ambrogio, Esamerone, IX, 10, 76.